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Siamo già nella terza guerra mondiale

Anche un osservatore superficiale noterà facilmente che la fine della guerra è ardua da ottenere. Certi protagonisti pensano addirittura che il meglio sia proprio continuarla: fino alla vittoria, qualsiasi cosa essa significhi. Che ciò comporti il rischio nucleare, o che costi un numero elevato di vite umane, pare non interessi molto, ogni contendente incastrato al proprio ruolo.

È perfettamente logico, non ha senso obiettare. Ed è impossibile dimostrare che mollando la presa, fosse pure a condizioni non troppo sfavorevoli, la pace sarebbe più proficua della guerra. Dunque, perché tormentarsi? Nulla è in nostro potere, nelle condizioni attuali. Che si abbia ragione o meno, ogni soluzione diversa dalla vittoria non sarà presa in considerazione dai “decisori politici”.

Infatti, pur sapendo il prezzo che verrà pagato, non si prodigano nella ricerca di una soluzione diversa da quella militare, ossia ricondurre tutta la contesa sul piano diplomatico. Dal cantore delle armi si può ascoltare solo un canto di guerra. E dunque, davvero, perché preoccuparsi? Se è destino soccombere in una guerra mondiale, si soccomberà ugualmente, qualsiasi cosa si faccia.

E poi, chi prende sul serio i richiami alla pace? Sembrano vuote chiacchiere, e forse è proprio così; sono solo utopie fantastiche che meritano di essere derise. D’altra parte, ogni epoca ha le prospettive che si merita, e in quella attuale la crisi del sistema economico e geopolitico implica prospettive sempre più vicine alla catastrofe.

Noi persone comuni, prive di potere e di riferimenti “pacifisti” organizzati, possiamo soltanto domandarci perché siamo giunti sino al punto di rottura; se l’epoca sta superando il limite oltre il quale c’è la terza guerra mondiale, diciamocelo: è anche colpa nostra.

Ci siamo abituati alle continue violazioni della legalità internazionale, alle aggressioni, ai crimini di guerra; abbiamo tollerato le peggiori nefandezze, affidandoci a un immaginario “razzista”: non solo i criminali erano occidentali, quindi nostri simili, ma si trattava anche di aggredire popoli lontani, diversi da noi, in fondo incivili.

Ora la storia ci presenta il conto.

La Russia ha imparato da noi; in confronto alle imprese di un Bush, Putin è solo un allievo maldestro. Le nostre guerre di aggressione hanno causato migliaia di vittime, la distruzione di intere nazioni, l’instabilità di regioni già martoriate; persino i referendum “farsa” – di annessione o di indipendenza, non fa differenza – li abbiamo sponsorizzati noi per primi, in Kosovo.

Noi persone comuni, cosa abbiamo fatto per impedire tutto ciò? Noi persone prive di potere, che cosa abbiamo fatto per impedire al nostro “noi” occidentale di partecipare alla rapina di risorse di altri paesi?

L’epoca attuale nasce da quella che l’ha preceduta, le sue coordinate sono le stesse; le premesse dell’invasione russa dell’Ucraina sono inscritte nell’invasione americana dell’Iraq, giacché entrambe rispondono alla stessa esigenza di spartizione del mondo.

È dato per scontato, per esempio, che la tenuta di una potenza dipenda sempre di più dalle “sfere d’influenza”, ossia dal controllo di quella filiera che comprende risorse materiali, lavoro a basso costo, rotte di merci e capitali, territori geografici, basi militari …

Il punto è che le nazioni, specialmente quelle più potenti, si contendono uno spazio sempre più ristretto, all’interno del quale diviene sempre più problematica la tenuta dei precedenti equilibri. E la guerra diviene, in taluni frangenti, l’unica soluzione possibile.

Questo sistema è criminale. E noi lo abbiamo tollerato. Guai a pensare di essere innocenti.

Ma ormai è troppo tardi. Così, dunque, volenti o nolenti, siamo obbligati a prendere in considerazione la terza guerra mondiale. Ognuno trovi le sue consolazioni, di più non serve cercare.

* da Facebook

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2 Commenti


  • Paolo

    Bellissimo articolo e verissima considerazione sulle responsabilità dei popoli occidentali. Vorrei sottolineare che la soluzione diplomatica a questa crisi era già stata trovata, Dopo il colpo di stato del 2014. I patti di Minsk, soprattutto Minsk 2, erano incentrati in una soluzione diplomatica che avrebbe accontentato entrambe le parti: l’occidente collettivo, come viene chiamato oggi, avrebbe esteso la sua influenza, anche economica, sull’ucraina, a patto che questa non entrasse nella nato, e la Russia, avrebbe acquisito de facto la Crimea con l’altra condizione che le due regioni del Donbass e di Lugamsk avessero una sufficiente autonomia per pararsi dai golpisti di Maidan come entità etnica russa. Chi ci perdeva in fondo era la Russia. Minsk 2 è stato firmato con la promessa solenne da parte della Francia e della Germania che avrebbero spinto Kiev a mantenere i patti. Sappiamo tutti come è andata. Minsk 2 è stato boicottato fin dall’inizio dagli Stati Uniti, dall’Ucraina e naturalmente di nascosto e poi sempre più apertamente da tutta l’Unione Europea. L’ultima richiesta del governo Russo di far rispettare quel patto, è stata fatta nel gennaio è poi anche nel febbraio di questo anno. La risposta è stata un secco no. L’obiettivo dell’occidente non era tanto quello di acquistare influenza sul Ucraina, ma quello di sconfiggere la Russia in un modo o nell’altro. Tutti i discorsi di pace e quant’altro è stato detto in passato al tempo di Gorbaciov era tutta aria fritta da parte. dell’occidente. C’é stata troppa ingenuità da parte russa. Si è fidata del lupo travestito da agnello (tra l’altro neanche tanto bene), e la sta pagando a caro prezzo. Che tristezza!


  • Gianfranco Ciavattella

    Sono d’accordo con lei Paolo, ma l’articolo è il solito piagnisteo pacifista. Quali “protagonisti imprigionati nei propri ruoli“? È l’aggressione di paesi coloniali al mondo. È dal 1917 che si cerca in tutti modi di aggredire la Russia a prescindere dal suo governo, ed è una colpa esclusivamente occidentale. Non c’entrano niente le “sfere di influenza” per la Russia è questione di sopravvivenza, lo hanno detto e ripetuto più volte.

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