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La pseudocultura della guerra

I quattro gatti spelacchiati che hanno partecipato all’orribile manifestazione per la guerra organizzata a Milano da Calenda e soci sabato 5 novembre, hanno avuto modo, fra l’altro , di ascoltare dal vivo gli interventi di due ragazzotti, tali Alisei e Intraguglielmo, i quali avrebbero espresso l’auspicio di un’Europa combattente e dichiarato, alla stregua di novelli Catone, che, “se necessario la Russia va distrutta“.

Si è trattato probabilmente del climax del crescendo di bellicismo che sta contagiando il mondo e in particolare il nostro Paese, patria elettiva degli assaltatori da poltrona e degli intrepidi guastatori da comizio.

Ne avevamo viste di tutti i colori, compreso Brunetta che, alla fine della sua carriera politica, inneggiava alla controffensiva ucraina, sfoggiando improbabili doti di stratega militare, ma appare irraggiungibile il vertice di stoltaggine irresponsabile raggiunto dai due dirigenti e membri della gloriosa Federazione giovanile calendiana.

Si tratta con evidenza anche dell’ennesima dimostrazione del fallimento del sistema educativo italiano, dato che i due ardimentosi giovanotti sembrano ignorare che chiunque abbia provato, nel corso dei secoli, a distruggere la Russia, da Napoleone a Hitler, ha finito per distruggere se stesso.

Ma si tratta soprattutto della riprova di come il martellante sistema propagandistico guerrafondaio e suprematista messo su da televisioni e stampa (con l’unica eccezione importante de Il Fatto Quotidiano) sia riuscito a fare breccia nelle menti più deboli.

La parola d’ordine del resto non è nuova, essendo stata ripresa e rilanciata dagli ambienti più oltranzisti dell’atlantismo. Ad esempio dal senatore McCain, il quale in epoca ben precedente all’attuale conflitto ucraino l’aveva fatta propria in modo tale da dare adeguata copertura ideologica agli interessi di determinati settori affaristici statunitensi, primo fra tutti ovviamente il complesso militare-industriale.

In termini più ampi la posizione che fu di McCain – ma che contraddistingue oggi vari settori dell’establishment e del deep state statunitense – è stata analizzata da John Wight su Counterpunch e ricondotta in sostanza alla ben nota bramosia statunitense di dominare il mondo, spazzando via ogni rivale effettivo o potenziale.

È a tale intento egemonico, sempre più difficile da realizzare nell’attuale contesto internazionale, che vanno fatte risalire le radici dell’attuale conflitto ucraino, con la scelta di intervenire nel Paese per destabilizzarlo e creare un focolaio di crescente tensione colla Russia.

Oggi questa stessa nefasta dottrina politica e militare è attiva per vanificare ogni possibilità di cessate il fuoco, di negoziato e di soluzione pacifica del conflitto che pure sarebbe possibile. Di conseguenza essa opera per mantenere l’Europa e il mondo sull’orlo del baratro.

Quanto all’Europa, del resto, l’intento dei guerrafondai atlantisti d’oltreoceano è ben scolpito nelle parole che una di loro ebbe a pronunciare, venendo intercettata, proprio a proposito dei fatti di piazza Maidan che, nel febbraio 2014 segnarono l’inizio conclamato del conflitto ucraino: “Fuck Europe”.

Espressione plastica e ben rivelatrice dell’intento di fondo di questa corrente di pensiero, cui gli attuali governanti europei, compresa la nostra “finta sovranista” Giorgia, oppongono com’è noto un atteggiamento improntato alla virile consapevolezza dell’ineluttabile necessità di una pecoreccia sottomissione a diktat, voleri e interessi del Grande Alleato.

I popoli, nonostante le pesanti campagne di indottrinamento ideologico bellicista, continuano ad essere a favore della pace, come dimostrato fra l’altro dal successo della manifestazione per la pace del 5 novembre a Roma.

Un aspetto particolarmente insidioso e deplorevole di questa campagna è costituito dall’intento razzista di delegittimare e svilire la cultura altrui, come premessa della stessa negazione della natura umana del “nemico”.

Accade pertanto che una cultura ricca da tanti punti di vista come quella russa sia boicottata dai zelanti esecutori del verbo atlantista ed abbiamo già visto più di un episodio che va in questo senso.

L’appello contro la russofobia firmato da varie persone, tra le quali il sottoscritto (https://www.change.org/p/stop-alla-russofobia?redirect=false) intende reagire a queste nefandezze, nella consapevolezza del fatto che la cultura deve costituire invece una potente arma per la pace e il dialogo.

* da AltreNotizie

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