Sempre avanti, la lotta continua, Non è uno slogan, ma la realtà odierna. Continua in forme diverse , diversi contesti e diversi ne sono i protagonisti., ma il vero unico protagonista è il divenire storico della lotta di classe .
Continua quella dei popoli oppressi del Sud contro il dominio imperialista dell‘unipolarismo NATOcentrico, e quella delle classi subalterne del Nord pauperizzate dalla crisi, quelli che Gramsci chiama i subalterni: dai disoccupati, ai poveri senza reddito ai lavoratori poveri .
In questa prospettiva, la memoria delle lotte del passato è un vettore importante che alimenta quelle del presente e costruisce in piena coscienza e responsabilità quelle del futuro contro la barbarie capitalista e per edificare da subito socialismo .
Farle scomparire in un processo di rimozione o, peggio, di misconoscimento della loro radicalità pervertendone i contenuti, è un atto cosciente e riconosciuto dal potere come consono ai suoi interessi di controllo e tentativo di distruzione della conflittualità sociale e politica.
In Italia, il sommovimento creato dal potere della “dissociazione” – dalla sua costituzione nelle “aree omogenee” delle carceri speciali degli anni ‘80 fino alle sue aberrazioni anche attuali sulla “giustizia ripartiva”- passando attraverso la dissociazione sociale de-solidarizzante che tenta di spostare il conflitto a favore del potere, rinnegando il vivere del proletariato in lotta organizzata o meno, fino all’interiorizzazione malsana del ruolo di “terrorista” attribuito dalla narrazione ufficiale ai protagonisti degli anni ‘70 e a chi oggi è solidale con le lotte anticapitaliste a fianco di chi dai poteri NATOcentrici viene definito terroristicamente “Stato Canaglia” in quanto socialista e antimperialista, opera non solo come assassino della memoria della sovversione passata, ma erige la muraglia di un preteso disincanto al sorgere di nuovi possibili e necessari assalti al cielo.
Difendere e riabilitare la verità storica di quella fase dello scontro tra il popolo dei subalterni e il regime del compromesso storico concertativo e anti proletario, non è solo dovere della memoria, ma molto di più. Si tratta di tener viva la fiamma che ricomincia a brillare senza trasmutare nella desistenza e nella resa l’antico paradigma secondo il quale ribellarsi è giusto e vincere è possibile.
Si, perché negli anni sessanta e settanta e nei decenni dal dopoguerra di lotte si è anche, e soprattutto, vinto.
Nel miglioramento delle condizioni materiali di esistenza, del vivere sociale, della libertà conquistata con la forza di massa nei luoghi di lavoro, nella condivisione collettiva di un sogno che si concretizzava in un maggior godimento del tempo libero e delle virtualità individuali. Uno scacco al potere durato tanti anni, e vivo anche oggi , un bel pezzo di vita. Purtroppo non c’è oggi un’avventura politica simile in corso che qualcuno possa già storicizzare e raccontare, e che ciò sia detto con buona pace dell’ideologia della sconfitta che di per se è l’interiorizzazione di una sconfitta di chi la decanta .
Per questo, rispettiamo il passato. Restituiamogli il suo senso positivo, la sua cifra liberatoria. Il passato lascia segni, solchi di ferite profonde che tagliano corpo e anima. Ed è già una buona ragione per non perdonare chi ne fa scempio. Poi, il passato penetra, forgia, forma e determina il presente e, quindi, anche le potenzialità creative socialiste del futuro. Perché se nelle menti delle giovani generazioni in lotta si acquisisce la normalità del pentimento e della dissociazione, o degli arredi politico e sociali che sono i signori del quaquaraqua del “loro ipocrita passato” – che siano essi giudiziari, sociali o politici – diventerà conseguente e normale affermare di volersi dissociare dal conflitto di classe, dal movimento degli sfruttati.
Ovvero desolidarizzarsi e deconnettersi dal tessuto delle nuove insorgenze incompatibili col sistema, come purtroppo fanno alcuni, volutamente reduci in splendido isolamento
Pentimento e dissociazione sono le tombe delle speranze riposte nel presente e nel futuro. Trovandosi di fronte al bivio di una scelta, un giovane militante di oggi potrebbe sentir venir meno le motivazioni della sua adesione al movimento di lotta… per derivare forse nell’inferno dell’alcool e della droga. O, nella migliore delle ipotesi, nell’accettazione supina dello “stato presente delle cose”. Oppure delle narrazioni ufficiali secondo cui comunismo e fascismo son due totalitarismi, che la lotta di classe è un fenomeno mafioso, che quelli degli anni ‘70 erano terroristi.
Non è il passato dei pochi ma il vivere etica comunista nel presente per costruire la nuova futura umanità che distrugge e supera le miserie dei meschini che abbiamo conosciuto e purtroppo vissuto . Distruggere per superare nel costruire con l’esempio attuativo dell’etica rivoluzionaria nella teoria della prassi.
Il problema posto dalla dissociazione e dal pentitismo non è questione del passato, ma del presente e, di più, un’ipoteca del futuro.
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