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Stalingrado 2023

Il 2 febbraio 1943,esattamente ottant’anni fa, gli ultimi reggimenti tedeschi si arrendevano all’Armata Rossa a Stalingrado.

Si concludeva così la più importante battaglia della seconda guerra mondiale, con la resa totale delle armate naziste. Sarebbero stati ancora necessari più di due anni di guerra perché tutto il regime nazista si arrendesse e perché la bandiera rossa di Stalingrado sventolasse a Berlino.

Ma intanto per la prima volta le armate di quello che fino allora era ritenuto un esercito invincibile dovevano deporre le armi. E le deponevano proprio davanti all’esercito dell’Unione Sovietica, contro la quale si era scatenata tutta la potenza e la ferocia della crociata nazista contro il comunismo.

Con la sconfitta dei tedeschi ci fu anche quella delle armate dei regimi fascisti satelliti di Hitler; italiani, ungheresi, rumeni pagarono il prezzo più alto, un prezzo giustissimo il cui conto era tutto a carico dei dittatori fascisti, Mussolini in primo luogo.

L’eco della sconfitta nazista a Stalingrado fu enorme nel mondo ed in particolare in Europa, ancora in gran parte soggetta alle armate tedesche o a regimi complici con esse.

Quella vittoria diede una spinta formidabile alla resistenza antifascista in tutto il continente. A Torino, a Genova, a Milano sui muri di tante fabbriche comparve la scritta Viva Stalingrado. Solo un mese dopo in Italia ci fu il primo e più grande sciopero generale nell’Europa dominata dal nazifascismo. Era l’inizio reale della lotta partigiana.

Stalingrado, lotta operaia, antifascismo, Costituzione, c’è un legame fortissimo che unisce quella battaglia gigantesca ai più forti principi sociali e politici della nostra democrazia.

Oggi l’Occidente fa fatica a ricordare, ancor più a celebrare Stalingrado. Coloro che sono gli eredi dei collaborazionisti del nazismo, degli sconfitti del 1943, sono esaltati come eroi in Ucraina e in altri paesi dell’est europeo.

Sia chiaro, l’intervento militare della Russia di Putin in Ucraina per me non è giustificato, non lo è neppure dal fascismo ucraino. Oggi la guerra è sempre una scelta sbagliata, vale per la la Russia e ancor più per la NATO e gli USA, che di guerre in giro per il mondo ne intraprendono da decenni.

Ma la falsa coscienza occidentale non ha scusanti: negare il valore liberatorio della vittoria dell’Armata Rossa a Stalingrado, giustificare chi esalta i servi criminali di allora dei nazisti, è revisionismo storico e complicità con il neofascismo attuale.

Il negazionismo del ruolo fondamentale dell’Armata Rossa e dell’Unione Sovietica nella sconfitta del nazifascismo, mostra tutta la coda di paglia dell’intervento militare della NATO in Ucraina. Se quella dell’Occidente fosse una guerra per la libertà dei popoli, perché allora i governanti europei non esaltano Stalingrado, dove la libertà dei popoli fu affermata con sacrifici immani da parte del popolo sovietico?

Forse perchè quella della NATO contro la Russia non è una guerra di libertà, come proclama la retorica patriottarda, ma una sporca guerra di potere e di interessi. Una guerra simile alla prima guerra mondiale, che produsse il fascismo, piuttosto che alla seconda, che alla fine dal fascismo ci liberò. Grazie anche all’Armata Rossa.

Per questo oggi noi, che coerentemente siamo contro la guerra e per la pace, abbiamo nel nostro cuore e ci sentiamo figli e debitori della terribile battaglia e della vittoria antifascista di Stalingrado.

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1 Commento


  • Gianleonardo Nurra

    Alla cortese attenzione di molti “Itagliani” … momentaneamente distratti e/o confusi:
    Ripassare la Storia (o studiarla, finalmente, per la prima volta) è esercizio utilissimo a qualunque età.
    Aiuta, fra l’altro, a separare i “fatti” dalle “opinioni”.
    Puoi anche essere anticomunista : è un diritto costituzionale che, grazie soprattutto ai Comunisti, ti appartiene; ma non puoi negare che, senza i “Sovietici” sconfiggere i nazisti sarebbe stato molto più lungo e faticoso (e non è certo che sarebbe stato possibile!).
    Libere dunque tutte le “opinioni”, ma la VERITA’ non sarà mai un’opinione.

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