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Una guerra, due fronti

Intervento della Rete dei Comunisti alla Conferenza internazionale della Piattaforma mondiale antimperialista a Seul

Il 15 maggio si è tenuto a Seul il quarto incontro della Piattaforma mondiale antimperialista. In questa sede, abbiamo apportato il nostro contributo di analisi sul passaggio storico in cui stiamo vivendo e agendo, sulle tendenze e le contraddizioni della nuova fase storica discusse nel recente Forum nazionale “Il giardino e la giungla” e sugli spazi che la realtà sta riaprendo per l’azione di una soggettività comunista e rivoluzionaria nel XXI Secolo anche all’interno della catena imperialista europea.

Rete dei Comunisti

Cari compagni, ringraziamo il People’s Democracy Party per aver organizzato questo ennesimo incontro della Piattaforma mondiale antimperialista e per il lavoro svolto in questi mesi, insieme alle altre organizzazioni politiche comuniste, nel promuovere il dibattito, il confronto e la mobilitazione contro l’imperialismo e la sua barbarie.

Questo nuovo appuntamento ha luogo in uno degli avamposti dell’imperialismo occidentale in Asia che con la sua brutalità e violenza ha marcato profondamente la Storia politica e sociale di molti paesi di questo quadrante di mondo. Al tempo stesso, è proprio in questi contesti che i popoli in lotta contro il gioco imperialista sono stati capaci di imporre avanzamenti di classe e vittorie storiche d’ispirazione per i comunisti rivoluzionari di tutto il mondo.

La lotta contro presenza militare degli USA e della NATO, le numerose basi militari e migliaia di soldati presenti in Corea del Sud, non può che trovarci uniti e solidali contro quello che è a tutti gli effetti un nemico comune. L’Italia è vittima di una servitù militare, con oltre un centinaio di basi militari USA/NATO – alcune segrete ed altre che ospitano missili nucleari – da sempre operative nei contesti di guerra guerreggiata e di influenza geo-politica nel nostro Paese.

L’escalation militare alla quale stiamo assistendo in Ucraina, in una guerra che lo stesso Jens Stoltenberg a definito come un conflitto tra NATO e Russia, rischia sempre di più di portarci verso il baratro della catastrofe globale. L’invio di armi sempre più potenti e distruttive e la formazione dei soldati dell’esercito ucraino dimostrano la compartecipazione delle potenze occidentali a questo conflitto prodotto dal 2014.

La stessa Merkel ha confessato che gli accordi di Minsk servivano a dare fiato e rafforzare l’Ucraina per poter rilanciare la UE e la NATO in quell’area. Recentemente Josep Borrell, rappresentante alla politica estera dell’Unione Europea, ha dichiarato che in Ucraina “non è il momento della diplomazia e della pace, ma delle armi”, riaffermando il sostegno militare incondizionato al governo di Kiev e il rifiuto di qualunque proposta di pace.

Oggi, la Cina e il Brasile – membri dei BRICS – sono tra i promotori principali a livello internazionale di un impegno concreto per una soluzione diplomatica e di pace, dimostrando che esiste un contrappeso alle dinamiche e agli interessi geo-strategici del blocco Euro-atlantico. Lo scontro che si sta delineando in maniera sempre più nitida in questa nuova fase storica è quello tra “il giardino e la giungla”, per riprendere l’espressione razzista e dal fascino neocoloniale dello stesso Borrell che però incarna a pieno le difficoltà e le paure delle potenze occidentali ed imperialiste nel mantenere un ruolo egemone nel mondo.

La fuga degli statunitensi e degli alleati dall’Afghanistan nell’agosto 2021 ha segnato la fine di un’epoca. Siamo entrati in una fase in discontinuità netta con quelle precedenti, che rompe oggettivamente la mondializzazione capitalista. La fase in cui operiamo è quella dell’esaurimento dei margini di crescita mondiale, complessivamente intesi, del Modo di Produzione Capitalista, ovvero della riduzione storica del tasso di profitto rispetto all’enorme massa finanziaria in circolazione. E’ questo che produce l’ipercompetitività tra capitalismi, che sono il prodotto di storie e interessi specifici.

Questo processo che determina due “blocchi” principali a livello mondiale, in contraddizione e conflitto tra di loro per una visione diversa del mondo e dell’approccio alle relazioni internazionali, è appena iniziato in modo evidente e si protrarrà, in maniera non lineare, nei prossimi anni.

Se il blocco Euro-atlantico si presenta più omogenea politicamente e ideologicamente in quanto in continuità con il colonialismo e l’imperialismo storicamente egemone, vediamo un’area  alternativa più disomogenea, in primis sul carattere politico in quanto costruita a partire da relazioni economiche e commerciali, ma che manifesta un comune interesse all’integrazione cooperativa e alla de-dollarizzazione, con soggetti che si chiamano fuori dall’egemonia imperialista (Cuba, Venezuela, Nicaragua, Cina, ecc.), e che difende il diritto all’autodeterminazione dei popoli e alla non-ingerenza nelle decisioni politiche nazionali.

Come affermava Gramsci quasi cento anni fa, “la crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. Se, da un lato, la tendenza alla guerra rappresenta il solo tentativo di sbocco alla crisi strutturale del Modo di Produzione Capitalista, dall’altro si stanno creando le condizioni di base per un sistema multipolare – e possibilmente “multilaterale”, come sosteneva il Comandante Hugo Chávez Frìas – a livello commerciale, monetario e politico, diametralmente opposto alla dominazione militare e monetaria dell’imperialismo.

Dopo decenni di egemonia dei paesi a capitalismo avanzato, l’entrata in campo delle economie emergenti riconducibili all’area “allargata” dei BRICS e le contestuali e ripetute crisi economiche, pandemiche, ambientali, hanno prodotto tensioni, scontri e conflitti che hanno portato a una rottura del mercato mondiale prima unificato.

La guerra in corso, incubata per anni nelle guerre asimmetriche e nelle sanzioni condotte dagli imperialismi occidentali – da quello USA soprattutto – si è ripresentata come rottura possibile di un equilibrio fondato sull’egemonia e l’unilateralismo statunitense. L’esigenza di rompere con l’egemonia del dollaro nelle transazioni mondiali e di sottrarsi alle ingerenze delle potenze occidentali ha visto crescere la spinta alla rimessa in discussione delle relazioni internazionali, verso un mondo multipolare.

I comunisti devono essere in grado di comprendere l’andamento tendenziale e contraddittorio dei processi storici per dare forza, indicazioni e spessore all’azione politica, sociale, sindacale e ideologica dentro il conflitto di classe in corso, a livello nazionale e su scala internazionale.

Questo richiede uno sforzo di analisi teorica che non si limiti a “fotografare il presente”, ma che miri a capire le contraddizioni e gli aspetti del passaggio storico che stiamo vivendo e in cui siamo chiamati ad agire. Contro la militarizzazione della società e l’ideologia bellicista, da un lato, e il massacro sociale imposto dall’alto alle classi popolari, dall’altro, è compito dei comunisti rafforzare le strutture organizzative per fermare la guerra interna e quella esterna.

Fuori le basi NATO/USA dal nostro territorio!
Fuori l’Italia dalla gabbia della UE e della NATO!
Guerra alla guerra imperialista!
Pace e rivoluzione per tutti popoli del mondo!

Seul, 15 maggio 2023

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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1 Commento


  • Andrea Vannini

    B R A V I

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