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Non è più tempo del ‘meno peggio’

Le reazioni alla elezioni di Elly Schlein alla carica di segretario del Pd sono state più emotive e “di costume” che politiche.

L’emotività si è scatenata tra gli eccitati e i depressi. Gli eccitati fremono dalla voglia di riscattarsi dai miasmi della palude in cui Letta ha incagliato il Pd. Gli scettici sono quelli che “tanto non cambia niente”. Tra loro i soliti malati di estremismo – vuoi infantile che senile – per i quali la sentenza di condanna del Pd è stata già emessa da tempo ed è irrevocabile.

Poi ci sono i commentatori acuti, che notano che la signora Schlein è donna, è giovane, e che ha detto a tutti di essere fidanzata felicemente con una ragazza. Che perspicacia!

Queste sono cose che succedono, quando si sceglie un segretario di partito più come testimonial che come dirigente di una formazione con una linea politica da sostenere, sviluppare, diffondere, realizzare.

E qui siamo al punto.

Generalmente, una nuova classe dirigente si afferma proponendo una visione complessiva della società, produce dibattito interno, provoca e gestisce rotture e alleanze, gioca la partita sul terreno delle contraddizioni politiche, sociali, economiche e internazionali.

Così che i dirigenti, gli iscritti, i militanti e gli elettori siano partecipi del ruolo che certe idee possono giocare nel dibattito pubblico e influire per cambiare lo stato delle cose presenti.

Però in queste primarie tutto questo è rimasto aleatorio, perché il dibattito si è incentrato sulle individualità, come si trattasse di scegliere un concorrente col televoto. Lo sappiamo che questi atteggiamenti sono figli dei tempi che corrono, e che poi inciampano e vanno sempre a sbattere contro la realtà. Però un vero cambiamento si riconosce dal metodo predisposto, prima che dalle parole pronunciate.

D’altra parte, è un errore ricorrente quello di non voler leggere le novità. Per esempio che la differenza del giudizio tra i partecipanti al dibattiti nei circoli e il voto aperto agli elettori, cioè le primarie pubbliche, siano stati letteralmente l’uno il risultato capovolto dell’altro.

Il malessere non è solo degli elettori che hanno disertato le urne alle politiche e alle regionali, dando una sonora lezione al Pd. Il malessere è dunque tutto “dentro il partito”. E questo è un bene: la classe dirigente è stata ottusa, la base è più lucida.

Però è ora di parlare di politica. Per dire che il paese non ha bisogno che il Pd “dica cose di sinistra”, come disse quella volta Nanni Moretti. Le “cose di sinistra” bisogne farle, non basta fingerle.

La maggioranza degli italiani è contro la guerra. Il Pd di Schlein vuole continuare a votare l’invio di armi in Ucraina? Le piazze italiane sono state riempite da centinaia di iniziative e da migliaia di lavoratori, studenti, donne per chiedere la fine della guerra. Il Pd di Schlein da che parte sta?

La maggioranza dei lavoratori italiani non ne può più di contratti atipici, di orari di lavoro lunghi, di paghe orarie basse, di precariato e lavoro sommerso. Il Pd di Schlein continuerà ad appoggiare il Jobs Act, accetterà che non si aumentino stipendi e salari – come pretende la Banca d’Italia – o ha intenzione di aprire una grande vertenza politica per adeguare gli stipendi italiani allo stesso livello di quelli degli altri paesi del G7?

La maggioranza degli italiani soffre del continuo impoverimento della Sanità pubblica, i pronto soccorso scoppiano, mancano posti letto e il personale. Il Pd di Schlein ha intenzione di azzerare la privatizzazione del diritto alla salute o continuerà a permettere che i soldi pubblici vengano dirottati presso le cliniche private?

Fermiamo i soldi alla scuola privata almeno finché quella pubblica non torni alla sua completa efficienza o continuiamo a fargli da bancomat?

Di esempi di battaglie politiche sacrosante alle quali il Pd “dovrebbe” sentirsi chiamato se ne possono fare ancora molti, perché la condizione materiale della stragrande maggioranza degli italiani è peggiorata, anche quando il Pd è stato al governo. Ed è il motivo per cui c’è rancore verso il Pd, contro il quale l’idea di nuova segretaria è solo una cura palliativa.

Se è un fatto, magari sorprendente, che il Pd abbia una segretaria donna, sono fatti anche che manca il partito credibile e una linea politica coerente. La situazione sociale è talmente aggravata dall’accumularsi di contraddizioni irrisolte, che non basta dirsi genericamente “di sinistra”. Uguaglianza, redistribuzione della ricchezza, diritti sociali, democrazia progressista sono stati il terreno sul quale il Pd ha fallito la sua esperienza politica nella storia italiana.

È su queste basi che deve prendere le mosse il giudizio politico sull’elezione di Elly Schlein alla segreteria del Pd. Perché è un partito che non ha più margini di credibilità: con il livello mai raggiunto di astensione a sinistra registrato nelle ultime elezioni, la maggioranza degli elettori ha già decretato la fine dell’inganno del “voto utile”.

È finito il tempo del meno peggio.

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