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La guerra in ex Jugoslavia, dagli errori dell’ONU alle difficoltà del mondo del pacifismo

Dall’alveo di un fiume di sangue che per una decade ha bagnato il cuore dell’Europa e che ancora oggi non si è del tutto prosciugato, affiorano tutte le contraddizioni sollevate dalla guerra in ex Jugoslavia. Dalla politica militare della Nato ai razzismi e ai sovranismi, dai gravi errori della nascente Unione Europea e dell’ONU alla crisi dei movimenti pacifisti, proviamo a ripercorrere quegli eventi tragici.

Anni di terrore, morte, rovine, indicibili crudeltà nel cuore dell’Europa. Anni di inferno, stragi, stupri, pulizia etnica, assedi, distruzioni. Un campionario di atrocità sconvolgente ancora adesso. Centinaia di migliaia di morti. Milioni di profughi. Un numero impressionante di feriti e mutilati. Scheletrite le case e le chiese. Martirizzati il territorio e l’ambiente. Maledetta, sporca guerra. Stupido trionfo dell’irrazionalità: il decennio di distruzione sanguinosa dell’ex Jugoslavia che va dal 1990 al 1999 e oltre.

Sono anni esplosivi. La guerra tra Croazia e quel che resta della federazione jugoslava dilagano sempre più feroci. Anche la Bosnia dichiara l’indipendenza, confermata dal referendum del marzo 1993. Ma la componente serba della popolazione non riconosce validità al referendum e subito la parola passa alla violenza e alle armi. La ferocia della violenza e della guerra raggiunge manifestazioni inimmaginabili. Le milizie serbo-bosniache assediano Sarajevo e sarà una lunghissima occupazione: anni terribili per la popolazione civile.

L’IMPOTENZA DELL’ONU

L’ONU interviene con varie risoluzioni e invia i caschi blu. I cessate il fuoco non sono rispettati e i piani di pace falliscono. Le tregue si rompono. Nel 1993 un accordo pone termine allo scontro in Bosnia tra croati e musulmani e la Nato bombarda i serbi. Nel maggio 1995 la Croazia riconquista la Slavonia e i serbi bombardano Zagabria. Inizia il massacro di Srebrenica, città musulmana conquistata dai serbi con i caschi blu impotenti e inadeguati.

La Croazia torna all’attacco dei serbi che in massa abbandonano la regione. La Nato torna a bombardare i serbi. Inizia il cessate il fuoco che regge fino alla pace di Dayton negli Stati Uniti e alla firma a Parigi. All’inizio del 1998 sale pericolosamente la tensione in Kosovo. La violenza esplode con gli scontri di Drenica. Cresce l’influenza dell’UCK e gli scontri con l’esercito serbo si susseguono. Falliscono le mediazioni degli inviati USA e fallisce il vertice del febbraio 1999.

I BOMBARDAMENTI NATO

La Nato inizia i molto discussi bombardamenti contro la Serbia. Anni di tregue non rispettate e di piani di pace mai attuati, di trattative infinite e inconcludenti e di giochi diplomatici, accompagnati dall’uso spregiudicato dei media. È una stupida guerra, l’ennesimo raccapricciante esempio della stupidità della guerra. Ennesima rappresentazione della sua inutilità per risolvere i problemi. Perché nessun problema fu in grado di risolvere.

Guerre tra Stati? Guerre etniche? Guerre di indipendenza? Guerre umanitarie? Guerre di bande? Guerre religiose? Tante interpretazioni e tante letture, ma una sola realtà: fu un orribile macello. Un inferno. E tanti tuttora gli enigmi. Una aggrovigliatissima matassa, ma intrecciata con un solo filo, quello della violenza.

LE ATROCI SORTI DI FINE NOVECENTO

Il novecento si chiudeva così in un bagno di sangue nell’Europa nata sulle ceneri della seconda guerra mondiale, scoppiata – ha detto qualcuno – per impedire guerre future. Le granate colpivano anche le speranze di un’Europa senza massacri, faro e fucina di pace. Cause complesse e un concorso di fattori hanno determinato la spirale che è strutturata nel sangue della ex Jugoslavia.

Ma le responsabilità del nazionalismo sono apparse e appaiono evidenti e primarie. Un nazionalismo estremo. Un nazionalismo separatista e intriso di militarismo. Estremizzazione rozza della dottrina fondata sull’attaccamento alla propria nazione e a tutto ciò che gli appartiene in modo acritico, divenuto quindi idea e guida, valori e metro di giudizio, misura di comportamenti, di fiducia e sfiducia.

GLI ERRORI DELL’EUROPA E DELL’ONU E LA DURA PROVA DEL PACIFISMO

Il dramma jugoslavo mise a dura prova l’Europa della Cee e la nascente Unione Europea. Non riusciva l’Europa ad avere una politica comune e ferma e agiva in ordine sparso, incapace di unità, e fu vittima di rigurgiti delle politiche delle zone di influenza. L’ONU visse uno dei periodi più critici della sua non facile vita, mostrando limiti e inadeguatezze. Ma non solo per sua responsabilità. La sua emarginazione assunse forme molto evidenti, soprattutto per la politica della superpotenza americana che praticava un nuovo interventismo unilaterale e spingeva la Nato oltre i propri confini, trasformando l’alleanza difensiva in offensiva. Un nuovo ruolo, negli anni successivi, variamente teorizzato, giustificato e praticato.

Il diritto internazionale subì colpi violenti e con conseguenze inimmaginabili negli anni a venire. Dura anche la prova per il variegato mondo del pacifismo, che non riuscì a creare pienamente mobilitazioni di massa ampie come in altre occasioni.

Nei giorni dopo i bombardamenti su Belgrado si organizzarono ben tre manifestazioni nazionali: una del movimento pacifista, una dei sindacati di base e dei movimenti e una del solo Prc – Partito della Rifondazione Comunista. Si tenne anche uno sciopero generale contro la guerra convocato dai sindacati di base.

Ma il variegato mondo del pacifismo si spese molto, cercava di capire, cercava di rompere il muro dell’indifferenza e di assuefazione alla carneficina in atto nel cuore dell’Europa. Cercava di sollecitare e proporre idee e azioni concrete. Soprattutto le associazioni, gli organismi attivi storicamente nel pacifismo e tanti altri enti nati appositamente si impegnarono in un intenso intervento umanitario per aiutare concretamente le popolazioni civili.

La pace è la convivialità delle differenze. E’ amore…

Straordinario impegno umanitario.

L’impegno del volontariato del mondo del pacifismo italiano nel dramma jugoslavo fu multiforme e generoso. Un movimento di solidarietà dal basso fu attivo per tutto il decennio delle guerre. Un impegno che paga un alto prezzo anche in termini di vite umane.

Nel 1993 tre volontari italiani furono uccisi da un gruppo parallelo militare dell’Erzegovina. Portavano aiuti. Organizzazioni, comitati, gruppi, sono stati impegnati per anni in centinaia di iniziative e progetti concreti di aiuto alle vittime e alla popolazione civile, per promuovere pace e dialogo, per la difesa di diritti umani, il sostegno alle forze democratiche e non nazionaliste. Sono stati migliaia i volontari italiani andati in ex Jugoslavia per missioni di pace, per portare aiuti, per soccorrere le vittime della guerra. Fuori dal clamore delle prime pagine di giornali e telegiornali.

Proteste e proposte dei pacifisti.

Le maggiori organizzazioni tradizionalmente impegnate nel pacifismo scelgono anzitutto di stare dalla parte delle vittime.

Un’azione indirizzata su più livelli: denuncia e opposizione alla guerra e azione di solidarietà concreta con le popolazioni colpite e assistenza alle migliaia di profughi che fuggivano dalla guerra. Si tentò di mettere in atto azioni innovative di pacificazione, diplomazia dal basso, di non violenza attiva. E sempre tenendo presenti le caratteristiche e la pluralità del mondo pacifista, la curva della sua autonomia dai partiti politici, le sue strutture organizzative e le sue storie. E l’abissale sproporzione di mezzi rispetto ai guerrafondai.

Non mancano cedimenti e lacerazioni e insidie, anche nel sindacato. E poi ancora fino alla guerra umanitaria del 1999. Centinaia e centinaia di iniziative a livello locale e a livello nazionale: manifestazioni, sit in, incontri per capire, molteplici dibattiti. Tantissime anche iniziative nelle scuole e le manifestazioni studentesche, semplicemente contro la violenza e la guerra. Certo non risolutive, ma molto meglio che l’indifferenza.

In seguito parte da Trieste una carovana di pacifisti europei e cittadini per la pace organizzata dall’assemblea dei cittadini di Helsinki e dalla convenzione europea per il disarmo. A Belgrado si tiene un meeting per la pace promosso tra gli altri dalle Donne in nero che hanno portato a termine la raccolta di firme contro la guerra e per chiedere un referendum nel paese. Sfidano Milosevic, con il motto ‘il popolo decida la pace’.

A Padova assemblea dei Progetti di pace e di solidarietà con i cittadini dell’ex Jugoslavia promosso dalle Acli, Arci, associazioni per la pace.

Nel 1992 parte da Trieste la staffetta per la pace e la solidarietà con i cittadini dell’ex Jugoslavia che giungerà a Roma dopo tante iniziative in molte città italiane. Sempre a Roma il centro interconfessionale per la pace ogni sera nel mese di giugno promuove in Piazza Navona una veglia silenziosa, con le fiaccole, sotto lo striscione “pace e giustizia tra i popoli dell’ex Jugoslavia” in collegamento con un analogo presidio di cittadini a Belgrado.

In 500 a Sarajevo.

Nel 1992 entrano a Sarajevo 500 pacifisti con un messaggio di pace e solidarietà dei Beati i costruttori di pace. La clamorosa iniziativa mirava a interporsi fisicamente tra le parti belligeranti. Ci sono pacifisti di vari orientamenti ideali, come Albino Bizzotto, Luigi Bettazzi, Tonino Bello e alcuni parlamentari. Si salpa ad Ancona quindi Spalato fino vicino a Sarajevo. I 500 pacifisti tornano a casa dopo aver incontrato musulmani ed ebrei, ortodossi e cattolici. Una sfida di utopia della pace che ebbe notevole eco e servì anche a denunciare le drammatiche condizioni di Sarajevo sotto assedio, l’impotenza dell’ONU e per riaffermare che la pace e la convivenza pacifica tra i popoli non hanno alternative.

In un anno molti pacifisti europei si recano nell’ex Jugoslavia in segno di pace e solidarietà. Visitano campi profughi e solidarizzano con i pacifisti locali, attivi malgrado la repressione.

Pace adesso

La marcia ‘Pace adesso’ parte da Ancona verso Spalato diretta a Sarajevo.

I partecipanti sono circa un migliaio, ma altri se ne aggiungeranno man mano. Uno di loro Marco Ferrero dice:”A parte gli studenti, qui tutti hanno deciso di dedicare le proprie ferie alla nonviolenza. Con questa marcia cercheremo di unire due aspetti fondamentali: la solidarietà per il popolo martoriato e l’opposizione radicale al conflitto. Marceremo anche per gli indimenticabili volontari italiani trucidati qualche mese fa in Bosnia”.

È il momento dell’iniziativa tra città: una pace a Belgrado, Zagabria, Sarajevo.

Molti tentativi in occasione dell’anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo.

Molti anche gli incontri per promuovere il dialogo e la riconciliazione a Perugia per esempio nel 1995. Un corteo contro la guerra si tiene ad Ancona, a Falconara e a Verona con l’iniziativa Mosaico di pace e con esponenti democratici di tutta la ex Jugoslavia.

Bombardamenti della Nato. 

I bombardamenti della Nato sulla ex Jugoslavia cominciano nel marzo del 1999. È il risvolto della guerra umanitaria e delle bombe intelligenti. Una guerra motivata ufficialmente da ragioni etiche e umanitarie. Una decisione assunta fuori dall’ONU che viola persino lo stesso statuto della Nato.

Per vari giorni sulla Serbia piovono bombe, diluvio di bombe.

Sono bombardamenti a tappeto, indiscriminati e i danni sono ingenti, le vittime civili centinaia: è la volta dei cosiddetti ‘danni collaterali’, così cercherà di addolcire la propaganda. In pratica la guerra umanitaria si dimostrerà ossimoro offensivo e soltanto una nuova teorizzazione e tipologia di guerra.

Cambiano le denominazioni, non la sostanza.

Saranno tanti i cosiddetti ‘danni collaterali’. Un rapporto di Amnesty International rileverà che la Nato ha in più occasioni violato i principi umanitari da applicare in ogni conflitto armato e non ha rispettato le regole fondamentali sancite nelle convenzioni di Ginevra del 1949.

I bombardamenti terminarono nel giugno 1999 con l’accordo di Kumanovo in Macedonia.

L’Italia che protesta.

l’Italia partecipò direttamente alla guerra: l’articolo 11 della Costituzione è letteralmente calpestato.

Una scelta sciagurata, compiuta peraltro da un governo di centro sinistra.

Una partecipazione nemmeno passata per le aule parlamentari che hanno soltanto ratificato a posteriori le decisioni del governo.

E fu questa scelta a provocare molte lacerazioni e ferite anche nel mondo del pacifismo e degli stessi sindacati.

Fu ampia comunque in Italia la mobilitazione di protesta contro i bombardamenti Nato e la partecipazione del nostro Paese.

L’Italia scende in piazza per difendere la Costituzione e contro la guerra. Manifestazioni spontanee in molte città all’inizio dei bombardamenti. Proteste che si susseguono per settimane.

Nell’aprile del 1999 oltre tremila protestano davanti ai cancelli della base Nato di Aviano, giunti in corteo da Pordenone. Da questa base partono i caccia F16 e gli A10 anticarro. Ce ne saranno altre di proteste di massa davanti alla base.

Poi in seguito una grande manifestazione si tiene a Milano e vi parteciperanno in 70mila in un corteo che si conclude in piazza Castello. Tino Casali, presidente del comitato antifascista, illustra il documento per la manifestazione che tra l’altro dice: “La crisi del Kosovo deve risolversi con la trattativa. Devono cessare i massacri, i bombardamenti e l’uso delle armi da tutte le parti.

Si affermi il nostro impegno per fermare i massacri di carattere etnico e l’esodo dei profughi.

La Milano capitale della Resistenza antifascista chiede che cessino i bombardamenti, di cui le prime vittime sono le incolpevoli popolazioni civili di Belgrado e di tutte le città serbe”. È lungo però l’elenco dei sostenitori dei bombardamenti e della guerra.

I giornali dell’epoca sono pieni di interventi e dichiarazioni soprattutto degli intellettuali che supportano la guerra umanitaria e ne giustificano la necessità e inevitabilità per fermare la catastrofe umanitaria in atto. La storia si ripete…

Bibliografia di approfondimento

  • Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
  • Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
  • Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
  • Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento

Fonti analitiche

  • Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007
  • Pugliese Francesco, Carovane per Sarajevo. Promemoria sulle guerre contro i civili, la dissoluzione della ex Jugoslavia, i pacifisti, l’ONU (1990-1999). Prefazione: Lidia Menapace. Introduzione: Alessandro Marescotti, Alfonso Navarra, Laura Tussi

Sitografia:

ITALIA CHE CAMBIA:

https://www.italiachecambia.org/2023/02/guerra-ex-jugoslavia-pacifismo/

ITALIA CHE CAMBIA:

https://www.italiachecambia.org/2023/02/memoria-storica-utopia-realizzabile/

 

Bibliografia di approfondimento

  • Bobbio Norberto, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 2009
  • Mastrolilli Paolo, Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell’ONU, Laterza, Roma 2005
  • Mini Fabio, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della Nato racconta, Chiarelettere, Milano 2012
  • Pugliese Francesco, Abbasso la guerra. Persone e movimenti per la pace dall’800 a oggi, Grafiche futura, Mattarello – Trento

Fonti analitiche

  • Gagliano Giuseppe, Studi politico-strategici. La conflittualità non convenzionale nel contesto delle ideologie e dei movimenti antagonisti del novecento, Vol. II, edizioni New Press – Como, I Edizione 2007
  • Pugliese Francesco, Carovane per Sarajevo. Promemoria sulle guerre contro i civili, la dissoluzione della ex Jugoslavia, i pacifisti, l’ONU (1990-1999).Prefazione: Lidia Menapace. Introduzione: Alessandro Marescotti, Alfonso Navarra, Laura Tussi

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2 Commenti


  • Giorgio Casacchia

    come mai non parte una denuncia per comportamento anticostituzionale (patente violazione dell’articolo sul ripudio italiano della guerra) contro tutti i sostenitori dell’intervento (soldati,esperti,armi,finanziamenti a una delle parti in causa, scelta autoritariamente)?


  • Giancarlo staffo

    Governo D’Alema, bombardamenti, uranio impoverito, contaminazione di popolazioni civili, soldati e terra.

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