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Fascismo e incompatibilità costituzionale

La derubricazione a “Italiani” dei martiri delle Fosse Ardeatine (senza nemmeno la capacità di trovare la scorciatoia di “patrioti”) rappresenta una sorta di punto terminale nella determinazione di una evidente incompatibilità costituzionale della presidente del Consiglio e del suo partito.

Si tratta di un tema che nella sua gravità era già evidente da tempo e che l’insieme delle forze politiche non ha saputo o voluto affrontare con sufficiente determinazione nel corso della campagna elettorale.

Adesso si tratta di porre una vera e propria “questione costituzionale” al centro del dibattito politico e culturale, aggregando attorno ad esso le forze necessarie per una incisiva opposizione nel Parlamento e nel Paese.

Occorre ricordare le ragioni fondamentali per una iniziativa di questo tipo, partendo da una seria valutazione sulle origini ideologiche del partito di maggioranza relativa e dalla riaffermazione della natura della Costituzione Italiana dal punto di vista delle idealità.

La Costituzione italiana è una costituzione compiutamente antifascista, non perché è stata scritta da antifascisti desiderosi di vendicarsi dei lutti subiti; al contrario per voltare definitivamente pagina rispetto alla triste esperienza del fascismo e della guerra.

I costituenti sentirono il bisogno e seppero farlo, di rovesciare completamente le categorie che avevano caratterizzato il fascismo.

Come il fascismo era alimentato da uno spirito di fazione e assumeva la discriminazione come propria categoria fondante (sino all’estrema abiezione delle leggi razziali), così i costituenti hanno assunto l’eguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo come fondamento del loro ordinamento.

Come il fascismo aveva soppresso il pluralismo, perseguendo una concezione totalitaria (monistica) del potere, così i costituenti hanno concepito una struttura istituzionale fondata sulla massima distribuzione, articolazione e diffusione dei poteri.

Come il fascismo aveva aggredito le autonomie individuali e sociali, così i Costituenti le hanno ripristinate, stabilendo un perimetro invalicabile di libertà individuali e di organizzazione sociale.

Come il fascismo aveva celebrato la politica di potenza, abbinata al disprezzo del diritto internazionale e alla convivenza con la guerra, così i costituenti hanno negato in radice la politica di potenza, riconoscendo la supremazia del diritto internazionale e ripudiando le nozze antichissime con l’istituzione della guerra.

I principi fondamentali della Costituzione sono antitetici rispetto a quelli proclamati o praticati dal fascismo.

L’osservare fin qui spirito e lettera della Costituzione ha reso fin qui impossibile ogni forma di “dittatura della maggioranza”.

Proprio per questo motivo si reiterano i tentativi per modificarla che ancora risulteranno all’ordine del giorno: la Costituzione è vissuta come un impaccio, una serie di vincoli fastidiosi, di cui sbarazzarsi per restaurare l’onnipotenza dei decisori politici ed è questo il punto che ci divide da chi non può, per propria cultura intrinseca personale e collettiva, dichiararsi antifascista.

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2 Commenti


  • Eros Barone

    Si potrebbe contrassegnare con il termine di ‘anti-antifascismo’ il carattere insidioso ed efficace dell’operazione
    politico-ideologica di accreditamento presso le classi dominanti borghesi e le loro agenzie, che sta portando avanti con abilità e spregiudicatezza Giorgia Meloni (agenzie fra le quali, va detto, spicca la burocrazia sindacale, che è quanto dire il gruppo dirigente della CGIL, non evocato dall’autore dell’articolo per la sua evidente distonia rispetto al vieto paradigma costituzionalista cui si ispira il suo articolo). In effetti, chi, con grande intelligenza politica, risolse a suo tempo (nel 2001) la questione dell’eredità fascista dei governi di centro-destra, rendendola disponibile ed operativa per i successivi governi di quel tipo, è stato, in realtà, l’allora Presidente della Camera, Gianfranco Fini, probabile ‘spin doctor’, dietro le quinte, della leader dell’attuale governo. Si deve, infatti, a lui la tesi dell’“afascismo” come realistica via d’uscita dalla vischiosità di “un passato che non passa”. Il suo realismo politico meritava già allora la giusta attenzione, poiché, archiviando in maniera abbastanza anodina l’epopea della guerra civile, consentiva di sganciare, anche sotto il profilo formale, il dibattito politico dallo spazio ristretto della storia nazionale e di portare a compimento alcuni atti, politicamente tutt’altro che irrilevanti, come la “riforma” della Costituzione. Sennonché attraverso l’“afascismo” si scotomizzava, insieme con il fascismo, anche la Resistenza, la cui ombra si allungava ancora sulla Costituzione. Il dato centrale che quindi occorre tenere ben presente per comprendere la dinamica di questa operazione è, ancor oggi, la necessità, per il potere dominante e per il sistema politico-istituzionale, di colmare il crescente divario tra la ‘Costituzione formale’ e la ‘Costituzione materiale’ (una necessità il cui mancato soddisfacimento costò a Renzi, nel 2017, la perdita del governo). L’“afascismo” può dunque consentire il delinearsi, fra i partiti politici borghesi e piccolo-borghesi che compongono il parlamento italiano, di una maggioranza ampia, se non addirittura unanime, nel risolvere la “crisi di squilibrio” italiana, facendo corrispondere al quadro imperialista anche la cornice giuridico-formale. La Costituzione del 1948 era, in effetti, il frutto di una mediazione o, se si preferisce, di un compromesso, che corrispondeva esattamente alla situazione socio-politica italiana quale si presentava all’indomani del 25 aprile. In qualche modo la Costituzione registrava l’esistenza, se non di un vero e proprio ‘dualismo di potere’ organizzato, di una frattura, che era ben lungi dall’essere ricomposta, nella società italiana e che rispecchiava il pieno dispiegamento della guerra civile internazionale in atto a partire dal 1945. La mediazione sul primo articolo della Costituzione – “repubblica fondata sul lavoro”, ma non “fondata sui lavoratori” – indicava dunque una posizione di sostanziale pareggio tra le forze in campo. E però la questione della forma politico-istituzionale, non risolta nel corso della guerra civile, traslava il risultato alla fase successiva, i cui esisti disastrosi per il proletariato sono ormai evidenti a tutti. È al termine di questo processo – la cui penultima tappa è l’allineamento di tutte le forze politiche dentro la struttura della NATO – che va collocato sia il problema della natura del postfascismo o del neofascismo, che dir si voglia, sia della “riforma” della Costituzione, laddove tale riforma, già in atto da tempo, va ora completata, ad opera del blocco padronale e governativo che dirige il paese, attraverso un ‘mix’ tra autonomia differenziata e presidenzialismo.


  • Andrea Vannini

    difesa della costituzione e opposizione antifascista in parlamento? Chi la fa’? la difende mattarella la costituzione antifascista? C’ e’ solo la strada…

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