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Africa. Connettere, organizzare, mettere in movimento

L’instabilità politica, economica e militare della fase storica attuale si caratterizza per la frammentazione del mercato “globale”, per la crisi di egemonia degli Stati uniti e per la conseguente transizione a un nuovo ordine mondiale di carattere multipolare.

In questo scenario, i paesi dell’Africa (come quelli dell’America latina o dell’Asia) conquistano un nuovo protagonismo nell’agenda politica internazionale, come dimostra il rilancio dei movimenti di liberazione e di decolonizzazione in alcune aree del continente.

Rompere con gli imperialismi occidentali assume allora un valore strategico per ogni ipotesi di superamento dello sfruttamento (sia dell’essere umano che della natura) generato dal capitalismo, in Africa come nel “centro dell’impero”, nella prospettiva di una alternativa di sistema autonoma e indipendente dal dominio del Capitale.

Le lotte di liberazione portate avanti dai movimenti indipendentisti e panafricanisti sono lotte contro il comune nemico di classe: il Blocco imperialista euroatlantico, e come tali vanno conosciute e sostenute.

Nel silenzio generale dei grandi media d’informazione, i popoli africani sono ancora lontani dal portare a compimento quel processo di decolonizzazione iniziato nel Secondo dopoguerra, ma mai realmente realizzato.

Allora, comprendere le forme dell’ingerenza imperialista e neocolonialista (la funzione della guerra, la vendita di armi, i crimini contro i leader antimperialisti, il ruolo del franco CFA, il ricatto del debito estero, lo sfruttamento minorile, il saccheggio delle materie prime, il traffico di essere umani, il terrorismo) e tessere il filo della storia con i processi di liberazione, di ieri e di oggi, divengono strumenti imprescindibili per ogni ipotesi di riscatto.

Eccolo l’obiettivo di fondo. Connettere, organizzare e mettere in movimento tutte le forze migranti democratiche e antimperialiste è condizione necessaria per il miglioramento delle condizioni di vita di quei lavoratori, donne e studenti che migrano verso la sponda nord del Mediterraneo o che lottano nei paesi d’origine.

Coscienti che il vero nemico non né “l’uomo bianco”, né “l’uomo nero”, ma il sistema tutto, lottare contro questa gabbia è la parola d’ordine per ogni movimento di liberazione dal giogo neocolonialista e dallo sfruttamento capitalista.

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