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Un eroe della rivoluzione anticoloniale: Muammar Gheddafi

Con la morte sul campo di un eroico combattente contro l’imperialismo e il colonialismo, quale fu Muammar Gheddafi, si compì l’ultimo atto della sporca guerra scatenata nel 2011 dalla Nato contro la Libia.

Esponendo in modo osceno le immagini orrende del corpo martoriato di questo combattente, la stampa imperialista riuscì persino a superare il primato sadico delle foto scattate nel 1967 al cadavere di Ernesto Che Guevara.

Questa totale mancanza di ‘pietas’ nei confronti di un nemico dell’imperialismo occidentale dà un’idea particolarmente plastica sia della barbarie dei tagliagole ingaggiati dalla Nato per ammazzare Gheddafi, sia del fine, ad un tempo monitorio e terroristico verso ogni paese intenzionato a scrollarsi di dosso il giogo dell’imperialismo, che la Nato volle attribuire all’azione militare che essa esercitava nel vicino paese nord-africano (mentre si vedrà nelle prossime settimane se nel Niger la Nato imboccherà la stessa strada sanguinosa che seguì nei confronti della Libia di Gheddafi).

In effetti, fedele sino all’ultimo all’impegno militante che aveva contrassegnato tutta la sua vita, Muammar Gheddafi affrontò le estreme conseguenze della grande sfida sull’uso della violenza, che egli aveva lanciato alle potenze imperialiste fin da quando nel 1969, con un colpo di stato militare, rovesciò la monarchia del re Idris e dette inizio alla decolonizzazione della Libia e alla costruzione di un regime popolare e socialista: la Jamahiria.

A potenze che avevano la pretesa di essere le uniche a decidere quanta violenza sia lecita nelle relazioni internazionali Gheddafi lanciò così il guanto della sfida e fu uno dei dirigenti politici del Terzo Mondo che non si trincerarono dietro nessun paravento e utilizzarono la violenza o, comunque, la forza in tutta una serie di azioni: garantire la sovranità libica sulle acque territoriali e partecipare alla politica mondiale sostenendo e finanziando movimenti di liberazione e rivolte antimperialistiche e anticolonialistiche, dall’Ira alla resistenza palestinese, ivi comprese le uccisioni mirate degli oppositori (usando in funzione della propria politica antimperialista la stessa arma strategica che Israele e gli Usa usano in funzione della loro politica imperialista).

La politica internazionale di Gheddafi fu infatti quella di mettere la Libia al centro della periferia nella lotta contro il centro imperialista. Inoltre, la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo e le sue risorse naturali ne avevano fatto un paese molto poco trattabile rispetto agli altri paesi usciti dalla decolonizzazione.

A ciò si aggiunga che la Libia non entrò mai in alcun blocco, ad esempio in quello sovietico, e ciò la privò di qualsiasi copertura internazionale, come era apparso chiaro nel 1986 e come apparve chiaro nel 2011.

Questa scelta di non allineamento era stata, peraltro, teorizzata da Gheddafi nel “Libro verde” o “Terza teoria universale”, in cui la Jamahiria libica, un intreccio tra dittatura carismatica e democrazia diretta di tipo rousseaoiano, rappresenta l’alternativa sia al capitalismo liberale sia al socialismo di stampo sovietico.

I veri anticolonialisti non possono pertanto dimenticare l’esempio di coerenza, di coraggio e di determinazione che fornì questo anziano statista ed esponente della lotta antimperialista, abbandonato al massacro dalla viltà, quando non dalla complicità, di quanti avrebbero dovuto difenderlo, a cominciare dalla sinistra europea.

Questo spiega l’apparente paradosso per cui è spettato all’esponente di un governo di destra, l’attuale ministro degli esteri Antonio Tajani, riconoscere che “è stato un errore gravissimo aver ammazzato Gheddafi”, giacché “finito lui è arrivata l’instabilità”.

Ma forse questo era proprio l’obiettivo che si prefiggevano di realizzare, costringendo il governo Berlusconi alle dimissioni, azzerando il trattato di cooperazione che questo governo aveva stipulato con Gheddafi e instaurando, sotto l’occhiuta regia del presidente Giorgio Napolitano, la dittatura commissaria del governo Monti, le maggiori potenze imperialistiche – Stati Uniti d’America, Francia e Regno Unito – che decisero l’intervento militare contro la Libia e vi coinvolsero contro i suoi stessi interessi il nostro paese, in quell’anno nefasto della storia italiana, europea e mondiale.

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8 Commenti


  • . Binazzi Sergio

    aldilà delle dichiarazioni di tajani su gheddafi, assistiamo sempre in occidente a questi veri e propri colpi di stato in italia e ovunque necessiti a parere degli usa e nato quali governi vanno collocati per mantenere la cosiddetta ” democrazia ” infatti anche in Italia fu deposto Berlusconi nonostante eletto dal popolo ( non sono sicuramente un suo seguace, ma la verità è giusto dirla ) concludendo a che serve andare a votare se poi sono i nostri padroni americani ed europeisti vari a stabilire chi ci deve governare?


  • Andrea Vannini

    ONORE E GLORIA A Gheddafi, campione della lotta antimperialista.


  • Mauro

    …andare a votare è servito a Fratoianni e gentile consorte che si cuccano 15.000. € x uno più relativi bonus al mese…per non parlare degli altri…


    • Redazione Contropiano

      Esistono argomenti più forti della vecchia retorica grillina…


  • Antonio

    Maledetti soldi


  • Leonardo

    … a proposito di sinistra complice (e anche se a qualcuno non piacerà) vorrei ricordare come una macchia indelebile l’intervento di Rossana Rossanda sul Manifesto dal suo salotto parigino (primi di marzo 2011, se non erro): un patetico pianto senile su quanto la sua generazione si fosse sbagliata con il ‘terzomondismo’ e su come bisognasse stare a fianco dei giovani “rivoluzionari”. Molti ultrasinistri post-ideologici (i.e: che ormai sapevano stare al mondo) abboccarono … Il guaio non è tanto la fine ingloriosa di una lunghissima militanza o l’incapacità di appendere la penna al chiodo per tempo, quanto il fatto che, dopo la Libia, è divenuta pressoché inconcepibile ogni seria mobilitazione contro le guerre ‘imperialiste’. Tra le possibili cause di ciò credo che quello che, di fatto, è stato l’ultimo intervento pubblico di una delle poche voci autorevoli rimaste a sinistra sia stato importante.


  • Antonio

    L’Africa è stata interamente colonizzata e sfruttata da paesi europei senza scrupoli a discapito del popolo africano ridotto in schiavitù. L’Africa può sembrare povera ma è molto ricca (pietre preziose, oro, uranio, petrolio, …) e anche se dal 1960 pian piano i paesi africani sono diventati indipendenti gli Stati europei non hanno mai smesso di esercitare il loro potere politico, economico e militare su di essi. Non volevano certo perdere le ricchezze dell’Africa. Ma da quando in Africa è entrata in gioco la Russia ha creato ai signorotti europei molti problemi. Questi paesi europei odiano la Russia per questo motivo e non per l’invasione in Ucraina. Per fare un’esempio il Niger (ex colonia francese) è uno dei principali estrattore di uranio (oltre che di oro), guarda caso la Francia riesce ad essere indipendente producendo la propria energia attraverso le centrali nucleari a cui serve proprio l’uranio e non finisce qui, nel Niger il 40% della popolazione vive sotto la soglia di sopravvivenza, non la soglia di povertà ma di sopravvivenza. Maledetti soldi.


  • Eros Barone

    Sono convinto che la catastrofe storico-morale dei gruppi dirigenti della sinistra italiana nasce dal revisionismo e dal socialimperialismo, cioè dall’abbandono del marxismo come teoria scientifica del capitalismo e pratica della lotta di classe, nonché dall’adozione, sul piano ideologico e culturale, di un punto di vista eurocentrico ed occidentalista. Questa catastrofe storico-morale apparve in tutta la sua terribile evidenza durante la guerra imperialista che condusse alla distruzione della Libia. La Rossanda non solo giudicò positivamente la rivolta armata secessionista contro la Jamahiria di Gheddafi, ma fornì una giustificazione assurda dell’intervento dell’imperialismo occidentale, affermando che tale intervento era dovuto a ragioni elettorali interne alle Francia. Così, il “manifesto” coonestò da sinistra un’atroce guerra coloniale i cui effetti furono quelli di frantumare la Libia e di ridurla ad un inferno di tipo iracheno. Va da sé che lo stesso atteggiamento filo-imperialista fu riproposto anche rispetto alla questione siriana. Il ‘test’ libico dimostrava pertanto che non di errori di valutazione si trattava, ma di un mutamento radicale di prospettiva che accettava e portava fino alle estreme conseguenze l’idea secondo cui l’Occidente si identifica con la democrazia, talché l’Iraq, la Libia e la Siria sono assimilati ‘tout court’ a tirannidi che è lecito eliminare con la destabilizzazione interna e la guerra aerea. La Rossanda finirà infatti col ricalcare le orme di Berlinguer, scegliendo di porsi al riparo dell’ombrello della Nato e abbandonando l’analisi marxista di quella che ancora Togliatti definiva la “struttura del mondo”. In realtà, dal punto di vista ideologico, politico e culturale un simile atteggiamento dimostrava che non esisteva più alcuna differenza sostanziale tra la Rossanda e Veltroni, che voleva eliminare l’articolo 18, o D’Alema che, dopo aver coinvolto l’Italia nel bombardamento di Belgrado, si dichiarava pronto a partire per la Siria.

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