La strategia dello Stato di Israele che non ha mai definito i suoi confini, è stata quella di allargare il proprio territorio all’intera Palestina, col progetto del Nishul del popolo palestinese, propugnato dalla destra israeliana, sostenuta dal Sionismo religioso.
Come ha chiarito l’israeliano Jeff Halper, antropologo, professore presso l’Università Ben Gurion: “Il concetto di displacement non è nuovo. I rifugiati palestinesi, come altri, sono stati a lungo descritti come ‘gente fuori posto’.
Come concetto e come politica il Nishul deriva dal pensiero sionista, il cui principale obiettivo è costruire uno Stato esclusivamente ebraico nella terra di Israele/Palestina. Ciò implica, quasi per definizione, il displacement di chi avanza pretese rivali sul paese, i palestinesi.” (Halper J., 2021, Displacement, una forma israeliana di Apartheid, in A.A.V.V., “Voci dal conflitto”, Roma, Futura )
Capire l’attacco di Hamas, l’organizzazione capillare del suo intervento sul territorio israeliano, senza che le agenzie di controspionaggio israeliano, Mossad, Shin Bet e le intelligence cibernetiche Unit 504 e Unit 8200 (agenzie tra le più sofisticate del mondo) rimanessero allo scuro di quanto Hamas stava pianificando, nonostante gli avvertimenti dell’Egitto, si può spiegare, forse, con l’arrogante illusione di Netanyahu e del suo Governo di estrema destra di avere il controllo assoluto sul territorio occupato della Cisgiordania e di Gaza. Di fatto il controllo e le informazioni delle agenzie di controspionaggio hanno fallito clamorosamente.
Ma forse c’è una diversa chiave di lettura se teniamo conto di quanto riportato da Haaretz: “Chiunque voglia contrastare la creazione di uno stato palestinese deve sostenere il rafforzamento di Hamas e il trasferimento di denaro a Hamas”, ha detto Netanyahu ai membri della Knesset del suo partito Likud nel marzo 2019 . “Questo fa parte della nostra strategia” ( Haaretz.com).
Con l’avvento di Netanyahu al Governo sostenuto dall’estrema destra e dagli ultraortodossi del Sionismo religioso, si è inasprita la situazione dell’esistenza dei palestinesi, con attacchi, incendi, distruzioni e violenze dei coloni nelle città della Cisgiordania, dove l’Autorità Palestinese non ha efficacia di intervento, indebolita dal Governo di Netanyahu che ha sospeso i Rapporti con Abu Mazen, rappresentante dell’Autorità Palestinese, ritenuto inaffidabile.
I palestinesi che hanno tentato una difesa armata, considerati terroristi e jihadisti sono stati eliminati.
Da parte sua il partito Otzma Yehudit (tr.it. Potere ebraico) che fa parte del Governo presieduto da Netanyahu, caldeggia l’espulsione da Israele di tutti i suoi 2milioni di abitanti palestinesi: “E’ tempo di essere padroni del nostro paese”, così afferma il capo del partito, Ben Gvir, incitando la popolazione israeliana all’odio.
Il quotidiano Haaretz, al di là delle elezioni vinte dalla destra e ultradestra, ora al Governo, sotto la guida di Netanyahu ha pronosticato quanto segue: “Una minaccia alla democrazia”, che paventa scenari di guerra civile. Previsione che si sta verificando. (Delle Donne M., 2023, La Costruzione della Grande Israele, Napoli, Guida Editori)
Scenario di guerra
L’attacco di Hamas si può comprendere, ma non giustificare nelle sue modalità, ha lasciato tutto il mondo stupito per la perfezione della strategia bellica, ma anche inorridito per la barbarie sulla popolazione civile israeliana, la carneficina di giovani israeliani disarmati e la brutalità dei rapimenti (oltre 130 israeliani, tra cui americani e non solo) deportati a Gaza come ostaggi.
Di conseguenza c’è stata la riprovazione di tutti i Governi occidentali che si sono espressi con un sostegno incondizionato a Israele.
La reazione del Governo israeliano, espressa dallo stesso Netanyahu, è stata immediata: “Guerra e vendetta”. Dopodiché sono iniziati massicci bombardamenti per via aerea su Gaza, e sono stati ammassati 350.000 soldati israeliani intorno a Gaza, ma senza intervenire militarmente via terra, nell’immediato, per non mettere a repentaglio la vita degli ostaggi.
Il governo di Netanyahu ha interrotto la fornitura di acqua, elettricità, gas e possibilità di rifornimenti di beni di prima necessità alla popolazione di Gaza (2 milioni 200 mila persone su un “fazzoletto di terra”), finché gli ostaggi non vengano rilasciati.
L’attacco di Hamas può considerarsi un suicidio, vista la sproporzione delle forze in campo? La Palestina con un territorio già ridotto in minimi termini per le occupazioni israeliane, scomparirà dalle mappe geografiche e con essa l’identità del popolo palestinese? A questo punto dobbiamo analizzare la situazione da un punto di vista geopolitico.
Israele può essere considerato la testa di ponte degli interessi USA e dei paesi occidentali in Medio Oriente. Nello scacchiere mediorientale convivono i paesi arabi: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi, più o meno alleati degli Stati Uniti, ma sostenitori di una nazione per i palestinesi.
C’è l’Iran, che non ha mai riconosciuto lo Stato di Israele, il Libano, la Siria, la Giordania, filopalestinesi, pronti a mobilitarsi per i palestinesi in caso di guerra. C’è l’Egitto, importantissimo, tra l’altro, poiché al suo interno si trova il canale di Suez che connette il Mediterraneo all’Oceano Indiano, senza circumnavigare l’Africa.
Via di comunicazione trafficatissima, fondamentale anche per i commerci occidentali. Non a caso Israele fu la prima ad intervenire militarmente insieme alla Francia e all’Inghilterra quando Nasser, capo del governo dell’Egitto, nazionalizzò il canale di Suez.
Non è improbabile che l’attacco di Hamas abbia avuto, tra le finalità, quella di annullare gli accordi di Abramo, sostenuti dagli USA per avviare rapporti di collaborazione tra Israele e i paesi arabi. Di fatto, Hamas ha agito anche in questo senso, forse sostenuto dall’Iran, che Israele considera il suo peggior nemico e milita in territorio iraniano con interventi armati per evitare il formarsi di un apparato nucleare.
Gli USA che considerano Israele il proprio braccio destro nello scacchiere mediorientale, stanno mobilitando le forze militari marittime e terrestri come deterrente nei confronti di possibili interventi da parte dei paesi favorevoli a sostenere la difesa armata di Hamas.
Allo stato attuale delle cose non è possibile fare previsioni attendibili, molto dipende anche dalle mediazione dei paesi della Regione Medio Orientale nel proporre accordi condivisi per la risoluzione del conflitto e dalle decisioni dell’ONU in merito alla questione israelo-palestinese.
Credo comunque, per la complessità delle forze in gioco all’interno dello scacchiere mediorientale, che l’obbiettivo degli ultraortodossi del sionismo religioso e delle destre israeliane di realizzare il Nishul (vanificazione, annientamento) dei palestinesi, non sia possibile.
* docente università La Sapienza, articolo pubblicato da Futura Editrice
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