Che cosa dovrebbe e potrebbe fare, secondo noi che apparteniamo a una civiltà superiore, un giovane palestinese nato e cresciuto in questi trent’anni nei lembi di terra che gli sono rimasti? Che scelte avrebbe?
Difficilmente, al suo posto, potrei ancora sperare di avere un futuro, una cittadinanza, una piccola patria. Sarei stanco di invocare senza ascolto il diritto delle genti, gli accordi e le risoluzioni della comunità internazionale, il sostegno dei miei vicini, l’intercessione di Abramo.
Potrei continuare ad abitare finché vivo in piccoli villaggi recintati, assediato in strisce di terra di nessuno, contentandomi di un lavoro stentato, di aiuti elemosinati, di un tetto insicuro. Ma anche così sarei d’ingombro, un intruso umiliato fino all’indegnità.
Saprei purtroppo di non avere la forza di reagire con la forza a questa condizione, se anche volessi farlo con le migliori ragioni. Non ho armi ma pietre, non ho missili ma fionde, non ho un nemico alla pari ma l’ostilità o l’indifferenza della comunità internazionale. Sono solo, ho contro di me la volontà di dio e degli uomini come un nuovo ebreo errante.
Potrei decidere di immolarmi e di uccidermi uccidendo, come altri miei coetanei fanno, non avendo nulla da perdere oltre la vita. Ma è una scelta che mi repugna, non farò saltare in aria per la mia buona causa un autobus di scolari.
Mi repugna per umanità o per paura? Cresciuto in questi luoghi non conosco più queste parole. Temo la rappresaglia? Chi la usa infama se stesso. Penso che il terrorismo perde? Ma io ho già perso e il mio nemico lo usò per vincere. No, mi repugna e basta.
La sola scelta che mi resta è quella di arrendermi senza condizioni e rassegnarmi all’esodo, un destino che molte genti hanno conosciuto nei secoli e tuttora conoscono, ebrei e negri, armeni e curdi, indiani e zingari, anche irlandesi e albigesi.
Ora tocca a me, un destino tacitamente predisposto dalla comunità internazionale nel 1948, militarizzato nel 1967, precipitato nel 2001 per ragioni di sicurezza.
Forse sarò compianto anziché esecrato. Meglio elemosinare sui gradini delle chiese delle città opulente, o contribuire alla loro prosperità lavorando in un retro-bottega se c’è posto, che sentirsi angariato e randagio nella terra dove sono nato. Una terra santa.
Accettando questo destino non proverò odio perché i potenti che dovrei odiare non se ne accorgerebbero neppure, essi non hanno alcuna idea dell’odio che li circonda al mondo per quel che fanno e non fanno.
* da “Punto e a capo – Scritti sul manifesto 2001-2003” (2004)
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maria
grazie per aver ricordato Pintor con i suoi bellissimi articoli
Mara
“Il sonno della ragione genera mostri”ll mondo che si crede civilizzato è tornato indietro e non ha assorbito gli insegnamenti dell’illuminismo.