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Il disgustoso Galli Della Loggia

Ho letto l’articolo di Galli Della Loggia sul Corriere. Un miscuglio sconcertante di ignoranza e abiezione. Il suo disprezzo per la vita dei civili (sono sottintesi quelli palestinesi) è vomitevole; in lui c’è qualcosa della follia che s’impadronisce degli esseri e genera distruzione, genocidio, sterminio.

Come si fa a non provare terrore davanti a tanta disumanità? Per altro, espressa con un’arroganza da fare accapponare la pelle; se non si conoscesse il contesto, le parole di GDL potrebbero essere state scritte da qualsiasi teorico del nazismo.

Disgustoso, davvero; disgustoso.

Quello che rappresenta l’articolo di GDL è concepibile solo all’interno di un discorso che nega l’idea stessa della legalità internazionale, in cui i comportamenti di chi offende la popolazione civile sono condannati come crimini di guerra.

Di fatto, le parole di GDL affermano il principio della liceità dei crimini di guerra; non di tutti, certo, ma di quelli che apportano “progresso”. È come se si volesse instillare nel senso comune il concetto che gli stati “democratici” siano autorizzati a ricorrere ad ogni mezzo pur di difendere se stessi e il sistema di cui sono parte.

Il diritto alla difesa non è più sufficiente. Per essere efficace, l’opera di livellamento dei “giusti” deve essere condotta al di là delle «pandette del tribunale», ossia al di fuori di «trattati e convenzioni internazionali che definiscono i crimini di guerra».

Non vi è giustizia alcuna, in questo discorso; c’è soltanto una volgarissima celebrazione della legge del più forte.

Il tentativo di GDL di edificare una sorta di “tolleranza democratica” dei crimini di guerra si regge su un’impalcatura discorsiva “suprematista”; non solo è priva di relazione con la storia della legalità internazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma allude anche a un’idea di superiorità di chi uccide civili innocenti.

A ben vedere, un soggetto storico – nel nostro caso, Israele – ha il diritto di trascendere la legalità internazionale, e proprio in quanto paese “democratico”; «per affermare le proprie ragioni» – scrive GDL – «anche il bene è costretto a servirsi dei mezzi più discutibili».

Ma senza il riferimento a una legge, chi stabilisce quali crimini di guerra sono tollerabili e quali da condannare? Sulla base di quali criteri GDL sollecita, da una parte, «l’intervento degli organi di giustizia internazionale per trascinare in giudizio» la Russia, dall’altra, la tolleranza nei confronti dei crimini di Israele?

Il punto cruciale, qui, è che lo stesso schema logico potrebbe essere impugnato da chiunque per giustificare qualsiasi misfatto, persino da Hamas.

Uno degli aspetti più orribili di questa logica è che, quali che siano le motivazioni, ogni attore che appare sulla scena della storia si ritiene il portatore autentico della giustizia; ogni suo atto, anche il più terribile, risponde a un ethos particolare.

Se manca un riferimento “super-partes”, sulla base di quale assunto Israele è il “bene”?

La tesi sottesa al discorso di GDL è che non esiste «equivalenza» tra israeliani e palestinesi (come non esiste tra ucraini e russi); detto diversamente, vi sono popoli che sono – moralmente spiritualmente, culturalmente, eticamente – superiori.

Lo ha scritto solo pochi giorni fa un sodale di GDL, in quel fogliaccio del fanatismo atlantista che è Linkiesta: l’esistenza di ebrei dissidenti e di israeliani in lotta contro Netanyahu sono «emblemi della superiorità intellettuale di Israele» (ML).

Si tratta di pregiudizi, per altro terribili, spiegabili solo con l’ideologia coloniale o col razzismo. Non c’è niente di peggio che l’arroganza di chi esprime l’idea che ci sia un popolo superiore ad un altro.

Si tratta di una sorta di «megalomania che crea dei valori e definisce se stessa» in relazione a un altro considerato implicitamente inferiore (Arendt).

 * da Facebook

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2 Commenti


  • Piersilvio

    Perdonate ma c’è un errore che bisogna correggere subito.
    … un’arroganza da far accapponare la pelle… non accantonare.
    Ciao e buon lavoro.


  • mario

    Con Galli Della Loggia il liberalismo torna a casa, se vogliamo svuotando di senso l’esistenza stessa del populismo di estrema destra occidentale.

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