Santoro ha presentato la sua lista e il simbolo in tandem con Raniero La Valle, come era da prevedere nelle stelle, ma la mia critica non cambia.
La presentazione è per ora di basso profilo, mettendo in soffitta Unione Popolare che era un tentativo di riaggregare la sinistra conflittuale e comunista, ma questo perché nella dirigenza di Rifondazione Comunista perdura la scelta di perseguire ad ogni tornata elettorale aggregazioni estemporanee ed effimere, come è avvenuto adesso in Sardegna dove il PRC si è alleato con Soru e con i neo-liberisti di +Europa e Azione (che sono in antitesi con quello che vorremmo fare), una scelta sbagliata e in più perdente, non avendo ottenuto nulla.
Ora sono arrivate le dimissioni di De Magistris da coordinatore di UP, che al di la delle motivazioni certifica lo stato drammatico di questo tentativo di aggregazione dei comunisti-pacifisti.
Ero sicuro di questa scelta del PRC per la “lista Santoro” specialmente dopo la pubblicazione su Contropiano del mio intervento (“Per la pace serve Unione Popolare, parte seconda”) perché ero stato contattato da un esponente del mio partito, Rifondazione Comunista.
Quello che mi è stato detto in questo contatto, con preoccupazione, è che il PRC punta solo a una lista pacifista così come proposta da Santoro, e il mio intervento rischiava di creare confusione nel percorso, in più affermando che con UP volevano cannibalizzare il PRC, cosa che mi era stata detta anche per Potere al Popolo.
Tutta la critica che avevo affrontato nel mio intervento era totalmente ignorata.
Questa critica, il problema di una lista elettorale rispetto al percorso verso una società comunista, è la mia preoccupazione sin da quando cominciai la militanza in Democrazia Proletaria nel 1986, impegnandomi nella campagna referendaria per abrogare il nucleare civile.
Entrai in DP proveniente da una esperienza pacifista precedente (Comitato romano per la pace) e religiosa (chiesa valdese) e la militanza mi permise di chiarire la mia vicinanza al marxismo.
Quando nel 1990 DP si divise tra la componente “operaista” e quella “eco-pacifista” ci fu discussione nella mia sezione a Ostiense-radio marina e io comunicai che sarei rimasto con i “marxisti” e non con i “verdi-arcobaleno”, tra lo stupore di altri compagni che mi ritenevano, a ragione, un riferimento per gli eco-pacifisti.
Argomentai che la scelta di andare con Rutelli era, per i “leader” un percorso facile per fare carriera nella politica, per i militanti la maniera per disperdersi e disperdere un’esperienza di trasformazione.
Dopo tanti anni non mi sbagliavo e la sinistra, quella vera, quella marxista, ancora non ha capito e fatto i conti con cosa vuole fare.
Entrai così direttamente nel PRC come fondatore nel 1991.
Se per me l’eco-pacifismo era ed è importante, altrettanto penso che una questione tematica parziale, l’eco-pacifismo, non troverà mai soluzione senza la trasformazione della società.
Senza giri di parole il Capitalismo ha vinto la sua competizione contro il “socialismo reale”, ma il Mondo non è migliore, la società occidentale è tornata brutale socialmente e le guerre altrettanto presenti anche se fino ad ora l’Occidente le ha imposte al resto dell’umanità.
In Italia la politica parlamentare è in mano a una falsa sinistra (PD) neo-liberista e atlantista (che è negazione della sinistra) o a quella sinistra di maniera alleata al PD il cui scopo è garantire un comodo e remuneraro seggio in parlamento, che garantisce una piccola “azienda” politica, azienda che rappresenta al suo elettorato i valori eco-pacifisti sapendo bene di non cambiare nulla, anzi cosciente di non volere cambiare nulla: l’elettorato di riferimento si illude così che qualcuno dica le cose a cui credono e li rappresenti, senza avere niente di più.
Il M5S è in una condizione simile alle forze politiche sopra ricordate.
Con la nascita del movimento anti-globalista sembrava che le forze aggregate intorno al PRC si ponessero il problema della trasformazione della società post-guerra fredda, ma tutto si risolse nella fallimentare “lista arcobaleno”: garantirsi una comoda rendita parlamentare però venendo stritolati dal PD che non voleva niente alla sua sinistra perché stava accettando tutto il marcio neo-liberista e non voleva esistessero critiche o alternative.
La sinistra marxista si divise in due, da una parte quella sinistra di cui ho parlato prima, “piaciona”, contenta di essere funzionale al PD e dall’altra chi rimaneva nel campo dell’alternativa, però frammentandosi.
La dirigenza del PRC, però, è da allora rimasta in un limbo tra chi voleva perseguire come centrale avere una rappresentanza parlamentare (magari rimpiangendo di non essere alleati al PD) e chi pensa necessario ricostruire un percorso di lotte e di alternativa.
La conseguenza è che da quindici anni la dirigenza del PRC costruisce liste elettorali effimere come “Rivoluzione Civile”, “l’altra Europa con Tsipras”, Potere al Popolo, Unione Popolare, ogni volta “bruciate” dopo le elezioni che nasconde la volontà di non riconoscere il problema, ovvero che non si vuole assumere la necessità di ricostruire un percorso di presenza comunista, perché evidentemente non ci si crede.
Ora siamo alla “lista pacifista” e come ho spiegato è un problema che si ripete dai tempi dei “verdi arcobaleno”, una lista mono-tematica di “vip” (allora Rutelli), che prevedo finirà il giorno dopo le elezioni perché non ha dietro un “mondo militante”.
Costruire una lista pacifista non è sbagliato in se, anzi se si presenta una lista elettorale deve avere una connotazione fortemente pacifista, è distruttivo l’incapacità di costruire un soggetto unitario comunista che sappia riagregare i vari frammenti partendo da una riflessione politica del presente.
Un abbozzo nel merito lo aveva ipotizzato recentemente Mimmo Lucano, che però ha fatto la scelta di candidarsi con la lista Verdi/Sinistra italiana, scelta che la debacle sarda del PRC e l’insipienza della “lista Santoro” devono avere contato e fatto riflettere.
La lista Verdi/Sinistra italiana si è garantita con Lucano una visibilità elettorale, che renderà problematico il quorum per la “lista Santoro”, ma per chi vuole cambiare l’Italia il problema rimarrà irrisolto perché non vedo percorsi di cambiamento ma solo di “testimonianza”, tra l’altro in un parlamento europeo sempre più liberista, guerrafondaio, razzista e palesemente finto.
Presentare la “lista pacifista”, inoltre, sarà problematica perché il governo post-fascista vuole cambiare le regole che permettevano al PRC di non raccogliere le firme di presentazione, e quindi servirebbe una campagna larga di sostegno.
Discutendo con un compagno mi diceva che una tale dicotomia nel PRC porterà a una nuova frattura separando i “parlamentaristi” dai “luddisti”, ma io pavento questo come l’ennesimo fallimento dei comunisti, l’illusione che separandosi si possano fare le cose e risolvere le contraddizioni, mentre invece serve ricominciare a fare politica dai territori.
Io invece credo che la discussione dura ed esplicita serva a smascherare le posizioni incancrenite e mummificate, tanto più che il PRC è formato specialmente da vecchi che continuano a pensare ad un passato che non esiste più, anzi negandosi il problema.
Questo mio intervento serve perciò non a dividere ma a dirsi chiaramente tra compagne/i quali sono i problemi e i limiti e in questo sollecito chi milita in Unione Popolare (perché non è un problema solo del PRC) a rispondere nel merito.
Attualmente vedo chiarezza solo nei compagni di Potere al Popolo, che perciò sollecito a non “arroccarsi” ma a perseguire una stagione di confronto aperto sia adesso che in autunno, perché le spinte guerrafondaie della NATO, sia in Ucraina che in appoggio del governo razzista di Israele, tendono a portare a gravissime fratture internazionali, quindi sociali.
Una lista, adesso alle elezioni europee, non può essere solo eco-pacifista e tanto meno di “vip”, perché le liste politiche ormai sono tutte “individualiste” (il neo-liberismo yankee impera nelle nostre teste), evidente nei simboli elettorali in cui campeggia sempre grande il nome di un personaggio “vip”, da Berlusconi in poi, per cui votiamo (acquistiamo) un “prodotto/individuo”.
Le ultime dichiarazioni dei leader UE e NATO sono particolarmente inquietanti, vedi Macron, Rasmussen, Schultz con i vertici militari tedeschi sui missili Taurus, che prospettano a breve una guerra contro la Russia e la Russia che ricorda come un tale esito porti alla guerra nucleare, con l’Italia bersaglio per la presenza di basi USA dove sono stoccate bombe nucleari.
In una situazione così pericolosa servirebbe una presenza politica unificante, ma l’unità si costituisce su scelte precise, che proprio perché chiare possono aggregare e rendere visibile e condivisa la proposta.
Dire chiaramente che si deve uscire dalla NATO, tagliare le spese militari, rompere ogni rapporto economico e culturale verso lo Stato razzista israeliano e opporsi alle scelte neo liberiste che distruggono anche l’ambiente, questo dovrebbe essere il percorso.
Servirebbe che chi propone la “lista pacifista” si renda conto dei limiti della loro proposta e rimetta tutto rapidamente in discussione, perché questa non è l’epoca delle scelte parziali e tantomeno della politica che si accontenta di un seggio parlamentare.
Le facili scorciatoie ci portano solo in vie senza uscita.
* iscritto PRC Roma
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Tiziano
Capisco le perplessità dell’autore che sono anche le mie (che non sono rigorosamente marxista), ma l’obiettivo di Santoro è dichiaratamente minimale in considerazione proprio dell’insipienza della sinistra confusa: quello di parlare di guerra nella campagna elettorale, perché il rischio che si corre è che la campagna sia fatta su aspetti minori e non sul fatto che ci stanno trascinando in guerra, una guerra cronica se non deflagra in guerra nucleare.
Eros Barone
L’Italia ha oggi il poco invidiabile primato di essere, insieme con la Polonia e l’Ungheria, uno dei paesi più reazionari dell’Unione europea. Enormi, nel determinare questo esito politico, sono le responsabilità del PRC, che ha polverizzato un importante patrimonio politico e ideale con la partecipazione subalterna al governo Prodi (2006-2008), facendosi cogliere, installato in questa nefasta collocazione, dall’esplodere, nel 2008, della grande crisi capitalistica mondiale e sottoscrivendo di propria iniziativa lo scambio tra l’accettazione delle missioni militari, la detassazione dei profitti, la precarizzazione del lavoro, i tagli ai servizi sociali (sanità e scuola in primo luogo) e l’ottenimento di un ministero, di qualche sottosegretariato e della presidenza della Camera dei deputati. Da qui è sortita l’implosione di un partito opportunista, preludio del crollo futuro e dell’attuale irrilevanza. Nello spazio che in tal modo si è venuto a creare è poi passato, come un rullo compressore, il ciclo del populismo reazionario nelle sue diverse, ma equivalenti, incarnazioni (il grillismo, il salvinismo e ora il criptofascismo della Meloni). La crisi della cosiddetta “sinistra radicale” parte da queste esperienze fallimentari, di cui la lista Santoro è solo l’ultima variante in ordine di tempo, e non dalla frantumazione, come pretende il senso comune di tanti orfani della vecchia Rifondazione, giacché è vero il contrario, e cioè che la frantumazione è l’effetto del crollo del PRC, non la sua causa.
Matteo
Il Prc alleandosi con Renzi, Calenda e +Sionismo in Sardegna (oltre a rimediare una prevedibile oltre che meritata batosta elettorale) si è alleato con un’idea di mondo turboliberista e guerrafondaia; e considerando appunto il sostegno di IV, Azione e +Sionismo ai neonazisti ucraini e al genocidio palestinese ha davvero raschiato il fondo del barile e perso qualsiasi credibilità futura (per quanta poca ne fosse rimasta).
Pina
Un’analisi molto lucida e costruttiva.
Angela
Possibile che il pensiero non va oltre l’ultima tornata elettorale, è che tutto si risolva nel “diritto di tribuna”?
MAI un pensiero lungo che unisca, accompagni e mobiliti le persone nei giorni e nei mesi tra una campagna elettorale e l’altra!
Un pensiero anche problematico ma basta parlare di “diritto di tribuna”