Spesso, negli ultimi decenni, Israele ha violato il diritto internazionale, bombardando in Siria e Libano, paesi sovrani. È la politica della rappresaglia, o meglio: del “colpo preventivo”: ti attacco, così tu non attacchi me.
In fondo, la stessa politica applicata dalla Russia in Ucraina. E che più volte è stata adottata dagli Stati Uniti, che sono stati i primi ad arrogarsi il diritto di intervenire militarmente per la difesa “preventiva” dei propri interessi strategici, sempre al di fuori della legalità internazionale.
Ed è, a ben vedere, la stessa politica – una vera e propria “dottrina” – che ha animato il colpo di stato in Cile o le “ingerenze esterne” subite da tanti popoli o paesi: la percezione di un “pericolo incombente” conferisce il diritto di intervenire per scongiurarlo.
Non c’è più una “legge” – il diritto internazionale, in questo caso – a definire quali atti militari sono legittimi e quali obiettivi sono perseguibili; sono i politici di certi paesi a farlo. E sulla base di cosa? Sulla base del loro esclusivo privilegio di stabilire cosa sia vantaggioso per la difesa dei propri interessi di nazione o sistema; nient’altro.
Dal punto di vista formale, questi paesi agiscono illegalmente, giacché una legge internazionale esiste ed è ancora in vigore; ma il loro comportamento istituisce un altro tipo di legge, che è poi l’antica legge “del più forte”.
In certo frangenti ascolteremo quegli stessi politici protestare contro la violazione del diritto internazionale, ma solo quando a compierla è un paese “nemico”; come spiegare altrimenti il differente giudizio dato dai paesi occidentali ai comportamenti egualmente criminali di Russia e Israele?
Perché, davvero, ciò che conta è l’egemonia, e non la “legge”; sono gli interessi economici, politici, geografici a disporre i movimenti di truppe o i giudizi.
Solo due giorni fa ho ascoltato – per caso, in una serie televisiva – una frase che ben rappresenta questa “dottrina”: la differenza tra un assassino e un eroe non è l’azione, bensì la causa. L’azione è la medesima (l’assassinio), ma è diverso il movente.
E qui torniamo al punto centrale. Chi stabilisce qual è la “giusta” causa? Non essendoci più un riferimento “super partes” (una “legge”, appunto), sono gli stessi attori politici a farlo: l’assassino si proclama eroe.
Dunque, ciò che conta non è ciò che è – realmente e per tutti – giusto o sbagliato, ma quello che è PER ME tale; la mia condizione diviene la condizione principale. Detto altrimenti, ciò che conta è il mio esclusivo vantaggio, ovvero come mi assicuro «la presenza sulla terraferma, sugli oceani, nell’aria».
Il linguaggio – di media e politici – diviene lo strumento principale per affermare questa “dottrina”, ovvero il diritto di agire preventivamente al di fuori della legalità internazionale. Un’analisi scientifica delle strutture discorsive adoperate da Russia e Israele per giustificare il proprio comportamento, non mancherebbe di cogliere lo stesso tipo di logica: c’è un pericolo incombente che scatena la necessità di un intervento preventivo che contribuisca a salvare un popolo o la pace in una zona di mondo.
Si tratta di una “dottrina” pericolosa, criminale e dannatamente ingiusta; e che rappresenta una minaccia per i destini di tutta l’umanità. E che corre il rischio di assumere i contorni di una “cieca fatalità”, ovvero di un processo inarrestabile che conduce alla catastrofe.
Abbiamo coltivato troppo la separazione individualista dalle cose del mondo, e così sacrificato la nostra partecipazione alla determinazione della sua sorte. Forse è venuto il momento di cambiare rotta.
* da Facebook
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domenico
Contrariamente a quello che scrive l’autore c’è un criterio oggetivo per determinare la differenza fra violenza e non: la violenza è ciò che istituisce il rapporto di dominazione fra dominante e dominato; il movimento di liberazione abolisce esattamente questo rapporto e lo fa con tutti i mezzi che la situazione storica consente. Se si identifica la violenza con l’uso della forza allora è meglio che ci ritiriamo a contemplare il cielo stellato e lasciamo da parte l’imperativo etico-politico. Dire che che fra Israele e Russia vi è logica identica è una vera e propria aberrazione. Lo Stato israeliano è costitutivamente violenza nel senso di cui sopra. La Russia combatte contro l’aggressione dell’imperialismo unipolarista, che è la fase suprema dell’imperialismo.
Walter
Concordo pienamente. Ogni guerra va di per sé ripudiata, ma l’equipararazione, a mio avviso azzardata e non corretta, delle azioni di Russia ed Israele sembra solamente voler ottenere il cosiddetto “white washing” dei crimini di uno dei due.