Non è una novità: l’amministrazione USA ha sempre voluto stabilire chi è criminale e chi non lo è. Dunque, non stupisce che Biden disconosca l’operato della Corte e che affermi che quello in corso a Gaza non è genocidio. È tipico dei paesi imperialisti imporre la propria interpretazione del diritto e i propri significati.
L’argomento adotto da Biden – e da tutti i nostrani fanatici dell’atlantismo – è grottesco: non c’è equivalenza tra Israele e Hamas. In realtà, nel dispositivo del Procuratore della Corte non viene fatta alcuna equivalenza.
Intanto, perché il provvedimento riguarda, così come tutto l’operato della Corte, i crimini commessi da singoli individui e non da Stati o organizzazioni; in seconda istanza perché i reati ascritti a Netanyahu e Gallant sono molto più gravi di quelli ascritti ai leader di Hamas.
Ogni asserzione – scrisse Canetti – è una sentenza. A maggior ragione se proviene dal Presidente della nazione più potente, quella che per l’appunto tenta di influenzare ogni significato. Colui che sentenzia, in questo caso, diviene giudice; basta che le due frasi siano pronunciate e siamo dentro il quadro logico da promuovere presso l’opinione pubblica.
Di conseguenza, qualsiasi cosa venga detta da chi ne condivide l’appartenenza promuove il discredito della Corte e il negazionismo.
La giustizia internazionale viene travolta dall’attitudine egemonica, così come lo “sterminio” – termine usato dal Procuratore – dei palestinesi viene ricondotto alla “normalità” d’un conflitto, dove le uccisioni di civili non sono un atto deliberato, ma un “errore”.
Le innumerevoli prove disponibili – a disposizione di chiunque, non solo della Corte – vengono considerate non valide per principio, malgrado ciò che mostrano sia proprio quello rilevato dal Procuratore: sterminio; la fame come metodo di guerra; causare intenzionalmente morte, gravi lesioni, grandi sofferenze e trattamenti crudeli; colpire intenzionalmente la popolazione civile; persecuzione e atti disumani.
Tutto ciò era evidente fin dall’inizio dell’attacco contro la Striscia di Gaza. Bastava voler vedere. Nessun errore, dunque, ma la volontà deliberata di colpire tutto il popolo palestinese. Oltre la rappresaglia e la vendetta, propriamente nel genocidio.
L’obiettivo di Netanyahu non è mai stato quello di distruggere Hamas o di liberare gli ostaggi, bensì quello di impedire che si creino le condizioni geografiche per realizzare qualcosa di simile a uno stato palestinese. Basta allargare lo sguardo, spostandosi da Gaza al resto dei territori palestinesi per verificarlo.
La Cisgiordania è sotto continuo attacco dei coloni, ben supportati dall’esercito e nella totale indifferenza del mondo. Qualunque cosa accada, difficilmente il terreno conquistato verrà restituito; i rapporti di forza sono favorevoli alla colonizzazione. Gerusalemme Est è occupata, e l’incrollabile ostinazione di farne la capitale dello Stato di Israele non può che consegnarla ad un controllo militare sempre più invasivo, e a una sostanziale pulizia etnica.
Si provi a guardare una cartina della zona. Si vedranno delle enclave palestinesi distaccate fisicamente, del tutto scollegate una dall’altra; e vedrete un unico stato che le avvolge, stritolandole. Nulla è più infecondo di questo distacco geografico; perché si è semplicemente creata la condizione per rendere impossibile la nascita di uno stato palestinese.
Il baricentro geo-storico di tutta questa situazione dipende da un’unica aberrazione, ossia dal considerare legittimo il colonialismo israeliano; e poi dall’averne fatto un modello di “democrazia”.
Ed è qui la responsabilità principale degli USA e dei paesi occidentali. L’incancrenirsi del conflitto israelo-palestinese – che comincia molto prima del 7 ottobre – appare agevolato dal comportamento eticamente deplorevole e politicamente catastrofico dei paesi occidentali. Se davvero avessero praticato quell’universalismo di cui si dichiarano seguaci avrebbero dovuto fare un’unica cosa: porre dei limiti alla colonizzazione dei territori palestinesi. E invece, niente.
Così la richiesta di emettere un mandato di cattura contro Netanyahu e Gallant diviene un atto che mette in cattiva luce tutto l’apparato discorsivo degli USA e dei paesi occidentali: ne incrina le coperture etiche e ideali, facendole apparire per quello che esse sono: l’inquietante maschera di un progetto di potenza egemonica.
* da Facebook
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