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Palestina-Israele: demolire l’ideologia sionista

Quello che continuamente irrita è l’atteggiamento dei sionisti e dei loro sostenitori in Italia (e altrove) di presentarsi e volersi accreditare come vittime, quando loro sono apertamente i carnefici.

La pretesa dei sionisti è sempre quella di considerarsi gli unici rappresentanti dell’ebraismo (che è una religione) e della diaspora giudaica, come se fosse un gruppo etico proveniente dallo Stato d’Israele, nonché la pretesa dei loro capi in Italia di privilegiare il rapporto con quello Stato.

E’ chiaro perciò che farsi passare come vittime, sfruttando il senso di colpa degli europei per l’olocausto, i ghetti e i pogrom del passato, è solo per mascherare il marcio per quello che fanno i sionisti nel loro stato “dal fiume  al mare”.

La prima cosa da fare per demolire questa falsa narrazione è chiamarli diversamente da nomi come “ebrei” o “Israele”, per distinguerli e per evitare processi pretestuosi di anti-semitismo.

Il mio contributo per demolire la propaganda sionista è mettere a disposizione le mie conoscenze, essendo laureato in Scienze Bibliche, ma anche un marxista sin dalla gioventù.

Un compagno, in maniera gentile, poco tempo fa mi ha ripreso perché chiamo i sionisti “zeloti”, perché è per lui un termine troppo intellettuale, che mi fa apparire “strano”. Ma questa distinzione è necessaria perché “sionisti” è specificamente un programma politico (razzista), sorto alla fine del XIX secolo, quando il colonialismo era una pratica degli imperi occidentali ritenuta legittima soltanto da loro stessi.

Ad inizio degli anni ’30 del XX secolo, però, è risorta quella componente fondamentalista che portò tra il 70 e il 134 d.C. all’espulsione degli ebrei dalla Giudea.

Come gli “zeloti”  (“scrupolosi nella fede” – così li chiamò Giuseppe Flavio – o “sicari”, come li appellavano i romani, perché usavano una spada corta, la “sica”, per uccidere a tradimento chi non li favoriva), oggi sono sionisti fanatici, sia che siano religiosi che nazionalisti.

Gli zeloti odierni sorsero inizialmente come Irgun e “banda Stern”, ma dopo il 1949 confluirono nella Haganah (la difesa o IDF).

Gli zeloti non sono semplicemente un programma politico (ribadisco: razzista) ma una “comunità”, alternativa all’ebraismo, che è altra cosa.

Gli zeloti si professano praticanti della Torah, si richiamano alla cultura ebraica, ma ne sono la negazione.

Per dirlo in maniera chiara, diversa e pratica: gli zeloti stanno in rapporto all’ebraismo, come la Santa Inquisizione Cattolica (o san Cirillo, l’assassino di Ipazia) sta in rapporto al cristianesimo: sono in entrambi i casi la negazione.

Partire da questa constatazione è fondamentale e chi non lo capisce è complice o in mala fede.

E’ necessario chiarire e ribadire che gli antichi zeloti non erano “impavidi resistenti” contro l’esercito imperiale romano, come ogni tanto sento dire, ma fanatici che per una visione religiosa portarono al genocidio del proprio stesso popolo (vedi la vicenda della fortezza di Masada).

A questo punto è necessario dire alcune cose sullo Stato sionista, tra il mare (da cui sono arrivati) e il fiume (territorio che hanno occupato illegalmente in spregio a ogni legalità internazionale, a partire dall’ONU).

Chiamare Israele, parola santa per la Torah (la Bibbia), uno Stato razzista, che pratica l’apartheid dal 1948, che agisce con un colonialismo di insediamento e di pulizia etnica, e ora attua il genocidio a Gaza, è una bestemmia enorme!

La società dello Stato sionista (o zelota) ha una classe politica totalmente negativa: la attuale maggioranza è colonialista, a favore della sostituzione etnica sino al genocidio, mentre l’opposizione si accontenta del razzismo tramite l’apartheid: dire che quello stato è una “democrazia”  è ancora una volta una bestemmia (laica), perché è lo stesso di quello che fu il Sudafrica bianco e boero sino al 1994. Uno schifo totale e una menzogna per chi lo sostiene.

L’apartheid sionista trova all’estero, tra i popoli e le singole persone, un sentimento immediato di ripulsa perché è ancora viva e recente quella vicenda in Sudafrica, mentre il colonialismo di insediamento sionista è poco capito perché in mancanza di salde informazioni viene valutato da molti come azione di gruppi di fanatici, che però sono protetti dall’esercito sionista: apartheid e colonialismo sono due facce della stessa moneta, non c’è preminenza dell’una rispetto all’altra, è l’azione dello stato sionista.

A questo punto affronto l’ideologia sionista, per smontarla a partire dai testi biblici.

I sionisti ripetono spesso come la terra tra il mare e il fiume è loro, promessa da Dio ad Abramo, e che gli arabi (usano questo termine per negargli anche l’identità) devono andarsene via.

Questa pretesa è totalmente falsa e ora ne chiarirò perché.

La pretesa è falsa perché Abramo non è mai esistito, e di conseguenza Dio non ha promesso un bel nulla a nessuno.

Detto così può apparire come una affermazione negazionista e come tale contro-smentita.

Dire che Abramo non è mai esistito richiede di conseguenza dei ragionamenti e dei riferimenti che lo confermino.

Parlando con una mia conoscente pentecostale. A questa affermazione – “Abramo non è esistito – è rimasta colpita e un po’ scandalizzata, perché con questa affermazione, per lei, si svuota di significato il racconto biblico, da qui la necessità per me di spiegare, come per molti personaggi della Genesi, che quei racconti sono in funzione di far capire l’azione di Dio nel mondo.

Credo, inoltre, che questa affermazione – Abramo non è mai esistito – mandi in “bestia” i sionisti/zeloti.

Ma come è sorto il personaggio Abramo?

E’ chiaro che Adamo, Eva e Caino (e lo sfortunato Abele) sono personaggi simbolici (da chi ha avuto figli Caino?), mentre l’unico personaggio semi-mitico del Pentateuco è Mosè (nome egizio, geroglifico che sta per figlio), nel senso che non sappiamo esattamente chi fosse, ma un personaggio legato alla riforma monoteista di Amarna/Aton (leggere Sigmund Freud per chiarirsi le idee).

La riforma monoteista di Amarna è avvenuta intorno al 1350 a.C. Quindi,e Abramo è vissuto, sarebbe vissuto nel XIV o XV secolo a.C. e quindi la sua vicenda sarebbe stata ricordata oralmente per almeno 800 anni prima di venire scritta.

Se però si usa uno strumento per la lettura della Bibbia – chiamato per l’appunto Chiave biblica – la presenza del nome Abramo è specialmente nella Genesi (Pentateuco), libro questo, scritto durante o dopo l’esilio babilonese (VI-V secolo a.C.), mentre la citazione di Abramo è quasi assente nei libri dei “profeti”, che invece riportano fatti storici, più o memo mitizzati, dal X secolo a.C. in poi.

La ideazione del personaggio Abramo deve essere pertanto cercata nelle vicende storiche dei due regni Israelita e Giuda.

Di Davide, primo re ebreo, considerato in passato un personaggio mitico, è confermata l’esistenza storica dopo la scoperta di una epigrafe (datata a metà IX secolo a.C.) a Tel Dan, in cui è citata la “casa di Davide”.

Il racconto biblico, per quanto mitizzato, ci conferma che questo mercenario, Davide, al soldo dei re filistei e filisteo lui stesso (qui evito per lunghezza la spiegazione) riuscì a costituire un mini-impero unendo sotto di sé le tribù di Israele (legate al dio El, in seguito chiamato Elohim) e quelle subito a sud di Giuda (probabilmente politeiste, tranne la tribù di Beniamino) con a capitale una mini-città, Gerusalemme  (mille abitanti scarsi).

Un mini-impero che con la sua costituzione, però, terminò la talassocrazia dei filistei che durava da cento anni, i quali persero l’accesso al mar Rosso e al legname dell’altopiano per le navi e del Mediterraneo in favore dei “cugini” fenici (supposta fondazione di Cadice nell’XI secolo a.C. da parte dei filistei).

Il figlio di Davide, Salomone, per nulla saggio e golpista nonché tornato al politeismo (il tempio di Gerusalemme fu costruito appunto per gli dei cananei, e lo rimase per 300 anni), lasciò un regno con forti divisioni, di cui approfittò il faraone egizio Sheshonq I° (Shishak per la Bibbia) che favori la divisione dei due regni (Israele e Giuda), per poi devastare entrambi (epigrafi commemorative nei templi egizi).

I due regni rimasero divisi e poi anche contrapposti; quello a nord alleato della Siria si oppose agli assiri e quello a sud invece ne fu alleato.

Intorno al 720 a.C. il regno di Israele fu devastato e conquistato dagli assiri e una massa enorme di popolazione, forse oltre 150mila persone, si trasferirono nel regno a sud, abitato da meno di 50mila persone.

I re di Giuda si trovarono in una situazione complessa: la maggior parte della popolazione era israelita e adoratrice di El, mentre i suoi sudditi giudei erano politeisti tranne la piccola tribù di Beniamino: come farli convivere tra di loro?

Il re Ezekia, forse nipote attraverso la madre di un re di Israele, Zaccaria, e un suo nipote Giosia, aderirono alla religione del dio El (non sappiamo quanto conservasse del monoteismo originario), ma serviva qualcosa di più perché due popoli si riconoscessero uniti.

La soluzione fu trovata con l’invenzione di un progenitore comune – Abramo – che nel nome significava appunto padre, progenitore sia per gli israeliti che per i giudei.

Le tensioni tra i due gruppi etnici perdurarono, tanto che alla conquista di Alessandro Magno il gruppo religioso dei samaritani (presente nell’area del ex regno d’Israele) si separò da quello giudeo.

La figura di Abramo, una volta costituita, nel tempo fu accresciuta di significato, compreso quello di riferimento per la promessa della terra di Canaan, quale speranza di ritorno dei deportati dall’esilio babilonese nella loro terra di origine.

Questa spiegazione era necessaria per chiarire come tutta la pretesa dei sionisti sulla “terra santa” è falsa.

Ogni volta che si è nella possibilità di discutere della situazione della Palestina tali argomenti vanno ribaditi e rinfacciati, perché è sulla propaganda che si regge l’appoggio dei governi occidentali ai razzisti zeloti.

Per chiarire questo appoggio dei leader occidentali e la loro enorme ipocrisia, devo fare riferimento a un episodio molto particolare, avvenuto a Parigi nel 2015.

Dopo l’attentato con 12 (dodici) morti contro la redazione di Charlie Hebdò, i leader europei organizzarono un grande corteo a cui si posero alla testa, ricordo presente Hollande, Renzi allora primo ministro e Poroshenko (il leader golpista ucraino che bombardava il Donbass). State sicuri che per i 41mila (quarantunomila!) palestinesi trucidati a Gaza (e per gli altri diecimila triturati sotto le macerie), non ci sarà mai un corteo dei leader atlantisti, né un loro intervento concreto.

Leader tra l’altro molto occupati a fornire armi e bombe ai razzisti sionisti (come pure ai nazi-golpisti ucraini), responsabili a inviare navi militari a sostegno dei razzisti zeloti nel mar Rosso o sospendere i fondi economici all’UNRWA, che si occupa dei rifugiati palestinesi.

Concludo con una valutazione su chi è migrato nel tempo in Palestina.

Migrare è un fenomeno endemico e nella natura umana, altra cosa è il colonialismo che con violenza occupa un territorio espellendo chi vi abita.

Gli ebrei che vanno a vivere in “terra santa” hanno la stessa considerazione dei tanti migranti che attraversano il Mediterraneo rischiando la vita, come d’altronde ogni persona e ogni gruppo umano ha un luogo a cui aspira andare o tornare: è la violenza che non può e non deve essere tollerata.

L’errore primigenio è stato proprio nel 1947, per cui l’ONU, allora quasi esclusivo ambito dell’occidente, invece di decolonizzare a favore dei residenti – palestinesi in maggioranza e ebrei immigrati – permise una spartizione a danno di chi (i palestinesi) ci viveva da sempre (probabilmente i palestinesi sono “geneticamente” discendenti degli antichi ebrei più degli israeliani non arabi).

Credo che la soluzione politica chieda ripartire da quell’errore, ma anche nella sconfitta ed emarginazione dei sionisti/zeloti, perché qualsiasi soluzione razionale e fondata sul diritto e la coesistenza pacifica sarebbe da loro sabotata e violata.

Credo che l’ebraismo nel mondo, che è la diaspora, debba essere il primo a bandire gli zeloti perché quest’ultimi non solo stanno disonorando la memoria dei martiri del passato, ma alla lunga distruggeranno lo spirito stesso della fede israelitica.

 * Anpi Trullo-Magliana

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1 Commento


  • Andrea Vannini

    Paolo de prai, come sempre interessantissimo.

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