Se è vero che lo sviluppo del modo di produzione capitalistico crea le condizioni oggettive perché la guerra diventi un fattore effettivo di valorizzazione e per la rideterminazione degli equilibri geopolitici, ciò non cancella che le decisioni passino dall’azione di individui che sul tavolo hanno sempre delle possibilità, limitate, ma multiple.
Quindi, la guerra in Ucraina per es. sarebbe stata più volte evitata o chiusa molto prima se gli attori coinvolti avessero scelto la via della trattativa e della pace. Idem per i massacri in Medio-oriente
Quando c’è la guerra è perché qualcuno, tra la possibilità sul tavolo, ha spinto per la guerra.
Certo, promuovere la guerra consente lauti guadagni a quel qualcuno (solo casualmente chi ha lanciato la manifestazione pro guerra lavora per un giornale i cui proprietari producono anche armi, il cancelliere tedesco viene da Black Rock grande investitore in imprese produttrici di armi, ecc.). Questo è il punto: non c’entra niente la pace, ma il profitto e il vantaggio di pochi a costo della morte e delle sofferenza di molti. Come spesso è stato e come sarà di nuovo se si vuole ripercorrere questa strada.
Tra guerra e pace c’è una scelta possibile. Si vis pacem, para pacem.
* da Facebook
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