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Addio a Roberto De Simone: genio mai troppo amato

Ci lascia un gigante. Un gigante del teatro, della musica, della ricerca antropologica, con riferimento particolare alle strutture delle culture arcaiche meridionali.

Ci lascia a 91 anni Roberto De Simone. Fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare con cui allestì quella Gatta Cenerentola che fu e resta spettacolo epocale.

Ricordiamo ancora tra la sua sterminata produzione L’Opera Buffa del giovedì santo, Masaniello, Mistero napoletano, La festa di Piedigrotta, Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini. Tra i libri, il bellissimo studio su Le fiabe campane, curato per Einaudi.

Artista rivoluzionario nel suo caso è un concetto assolutamente non abusato. Fu intimamente marxista, nell’elaborazione teorica della sua arte e nella prassi spettacolare delle sue opere.

Che davano vita ad un teatro essenzialmente popolare, antiborghese, vivianesco e non eduardiano. Critico degli assetti del potere e dell’ideologia dominante.

Un teatro i cui protagonisti erano pezzenti, lavandaie, capere, pettinatrici, servi. Quei dannati che popolano vicoli e marciapiedi di Napoli. Poeti e cantori dell’esistenza e delle cose comuni.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo durante i primi anni 2000 e di discutere a lungo con lui. Da vicino e soprattutto durante interminabili telefonate in cui parlavamo di teatro, politica, musica. Di Napoli, dei suoi mali e delle sue potenzialità.

Sempre disposto a dare un contributo intellettuale alla lotta per un mondo più giusto, più equo, non diviso in classi. Un contributo al movimento comunista.

Non è stato un uomo facile Roberto De Simone. Come molti geni era scontroso, diretto e certamente poco incline al compromesso.

Ma anche affabile e amichevole con chi sentiva affine e capiva realmente interessato a discutere e a confrontarsi sulla battaglia delle idee e sulle questioni culturali. Cultura che lui sapeva diffondere a piene mani e con generosità.

Dal 1981 al 1987 fu direttore artistico del San Carlo. Nel 1995 venne nominato direttore del Conservatorio di San Pietro a Majella dove lui stesso ha studiato.

Mai totalmente amato dalla sua Partenope. Mai completamente compreso da questa città spesso matrigna crudele con le sue voci più rappresentative.

Oggi tutti ne ricorderanno il genio e ne celebreranno con un pizzico di ipocrisia l’opera e la grandezza. Ma la verità è che Roberto era stato dimenticato da tempo.

Salutiamo dunque qui un Maestro. Un artista geniale. Un rivoluzionario del teatro e nella vita. Salutiamo un compagno.

Ciao Roberto. La tua è una di quelle morti che pesano!

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