In Italia, come nel mondo intero, è vivo e forte un movimento che vuole la pace in Palestina e Israele per aprire la strada a un mondo multipolare, unica soluzione possibile contro il rischio di una catastrofica guerra generalizzata.
Ma nel coloniale “piano di pace” concordato tra Trump e Netanyahu è completamente assente il riferimento alla autodeterminazione del popolo palestinese e a una soluzione che riconosca i diritti politici dei palestinesi. Al tavolo delle trattative mancano i palestinesi e soprattutto sono assenti le voci di coloro che potrebbero rappresentare con la loro storia l’intera comunità palestinese.
Sono donne e uomini che giaccciono da più di vent’anni in galera, in condizioni disumane.
Le voci che mancano di più sono quelle di Marwan Barghouti, già leader di Fatah, formazione laica e principale forza dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), e di Amhad Sa’adat, presidente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, organizzazione storica della sinistra palestinese.
Barghouti, in particolare, è il leader più amato dai palestinesi e gode del rispetto di tutti i partiti, fazioni e movimenti della Resistenza. Moltissime azioni possono promuovere la pace e inceppare i meccanismi del genocidio.
La Sumud Flotilla, prima, e la Freedom Flotilla, ora, hanno mostrato al mondo che è possibile rallentare la macchina di morte israeliana e svergognare la complicità di tutti i paesi che ancora sostengono Israele, con armi e appoggio diplomatico.
La pace in Palestina e in Israele sarebbe più vicina se al tavolo delle trattative a rappresentare i palestinesi ci fossero i quadri e i dirigenti palestinesi sepolti vivi nelle carceri israeliane.
La loro liberazione è dunque una delle azioni per avviare su basi di giustizia il processo di pace.
Che i movimenti che si battono per un mondo nuovo, di pace, giustizia climatica e sociale, pongano al centro delle loro rivendicazioni la liberazione dei prigionieri politici palestinesi.
Che dalle piazze emerga il grido di speranza per la nuova Palestina, che Barghouti, in quanto simbolo delle sofferenze di tutti i palestinesi, possa svolgere il ruolo che ebbe a suo tempo Nelson Mandela per la liberazione del Sudafrica dal regime di apartheid.
Chiediamo la liberazione immediata di tutti i prigionieri politici, e ci impegniamo ad avviare e a promuovere una campagna di sensibilizzazione affinché a Barghouti e agli altri dirigenti politici palestinesi venga riconosciuto il diritto di rappresentare la legittima aspirazione della Palestina alla pace, alla giustizia e alla libertà.
Giorgio Monestarolo, Piero Bevilacqua, Filippo Barbera, Luigi De Magistris, Tonino Perna, Francesco Pallante, Alessandra Algostino, Antonio Gibelli, Paolo Favilli, Alessandra Ciattini, Guido Montanari, Eric Gobetti, Guido Ortona, Marco Meotto, Luca Prestia, Matteo Saudino, Livio Pepino, Cristina Albin, Pino Ippolito Armino, Ugo Mattei, Valentina Pazé, Gianni Tognoni, Domenico Gallo, Gian Giacomo Migone.
Per adesioni https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdGrojjToLUdZQAaYT7w aTSOp5KDIKiAMBTrT46-xccM-6uw/viewform?usp=dialog O scrivere a: liberipalestinesi@gmail.com
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Alessia
Sono assolutamente d’accordo e sostengo la vostra campagna. Come poter parlare di Palestina altrimenti?
Dopo lo show mediatico di ieri dove si continua a brindare per una finta pace figlia di un progetto diabolico, dove i potenti del crimine festeggiano e si stringono la mano come se nulla fosse accaduto, non nominando mai la Pàlestina o i Palestinesi, credo che questa richiesta sia necessaria e urgente. e penso anche che sia necessario e urgente rimanere nelle piazze per chiedere giustizia ed evitare che i crimini rimangano impuniti.
Maurizio
Libertà