Ho partecipato a un convegno molto interessante sul sionismo, però solo un intervento sul sionismo cristiano mi ha lasciato insoddisfatto perché affrontava il tema in maniera molto parziale senza chiarire bene il tema trattato.
Cerco di porvi rimedio sperando di suscitare un dibattito e non repliche ideologiche.
Per capire il sionismo cristiano, innanzitutto, bisogna che come marxisti capiamo cosa è la religione, qualsiasi essa sia.
La religione è divisibile in tre grandi aspetti.
Il primo è la confessione, fatta di organizzazione, dogmi, riti, eccetera, che è l’aspetto più costrittivo.
Il secondo aspetto è la fede, che è una maniera di indagare il mondo, che per i materialisti, in particolare, è irrazionale.
Il terzo aspetto è la spiritualità che è mettersi in contatto con il creato: questo aspetto è proprio anche degli atei, io ho conosciuto comunisti atei molto spirituali.
E veniamo al sionismo cristiano.
Salto di pari passo cosa ha fatto e detto l’ortodossia perché merita un discorso a parte.
I cristiani si sentono parte e continuazione dell’antico popolo d’Israele e da questo sorgono i contrasti, anche violenti, con l’ebraismo.
Proprio perché le organizzazioni cristiane, cattoliche e ortodosse, si sentivano continuazione (e vero Israele) nel Medioevo i papi e i regni cattolici organizzarono una serie di crociate per conquistare Gerusalemme e la “terra santa”, azione che riuscì per 90 anni ma che durò anche dopo la riconquista di Gerusalemme da parte di Saladino, con azioni militari, o come intenzione di esse, sino a inizio XV secolo; successivamente, cambiando il quadro generale storico, con l’interesse dei sovrani europei per gli imperi coloniali extra europei, l’azione si ridusse specialmente alla repressione dei dissidenti religiosi e degli ebrei perché “non veri cristiani, ovvero non nuovi ebrei” (per il potere).
Dal punto di vista culturale l’Europa cambiò con la Riforma Protestante promossa dalle idee di Lutero, Ulrico Zwingli e Calvino, rompendo in occidente l’opprimente dittatura religiosa e culturale cattolica, introducendo i semi della modernità: partire da se stessi (nel rapporto con Dio), decidere insieme cosa fare e non fare e cercare la “verità” partendo dai testi originari ebraici e greci e non dai dogmi.
Questi aspetti furono valutati molto positivamente da Marx ed Engels che pensarono il XVI secolo quale un secolo rivoluzionario, tanto che per loro la prima rivoluzione comunista fu quella degli anabattisti di Thomas Muntzer. Ma anche Gramsci, in polemica con quel pallone gonfiato di Benedetto Croce che riteneva i riformatori dei bruti (era, tra l’altro da ateo, ammiratore del cattolicesimo Controriformato visceralmente oscurantista), stimava l’importanza della Riforma per la nascita del pensiero moderno (in verità rinascita, dopo che la modernità ellenista venne distrutta dal cristianesimo imperiale di Costantino e Giustiniano).
Insomma, la Riforma come atto storico significativo positivo in seguito evoluto nell’Illuminismo e oltre, ma anche seme di un nuovo sionismo cristiano.
La scoperta della navigazione oceanica e la progressiva colonizzazione delle terre amerinde e non solo, permise a migliaia di dissidenti religiosi perseguitati, specialmente calvinisti, di emigrare e trovare vita e rifugio nel Nuovo Mondo: per loro, come ad esempio per i Padri Pellegrini, i Quaccheri o gli anabattisti Amish, era come un nuovo Esodo verso la Terra Promessa e loro stessi si vedevano come i nuovi israeliti.
La colonizzazione fatta da potenze di religione cattolica non era più compassionevole rispetto a quella Protestante (nel Nord America ma anche Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda), visto che i portoghesi furono ricordati in Asia come veri mostri, ma l’idea di essere il “popolo eletto” e di sentirsi i nuovi ebrei, non come organizzazione religiosa ma individualmente, fu il seme di un razzismo che portò all’apartheid nei paesi di colonizzazione anglosassone/olandese.
Nel frattempo la storia e la cultura evolvevano e con esse anche la Riforma Protestante e le sue organizzazioni religiose (mentre la Chiesa Cattolica rimase ferocemente oscurantista sino al Concilio Vaticano II), mettendosi al fianco, e spesso a guida, della Modernità (vedi Kant e i filosofi tedeschi), mentre negli USA la cultura religiosa popolare manteneva vive quelle caratteristiche “messianiche” che avevano i Padri Pellegrini e consimili.
E qui veniamo ad oggi.
I primi esordi del sionismo cristiano va cercato nell’Inghilterra della chiesa anglicana di metà XIX secolo e a speculazioni “messianiche” sulla “terza Gerusalemme”, e questo spiega il sostegno della Gran Bretagna al progetto sionista di Herzog conclusosi con la Dichiarazione di Balfur, un nome che non volendo include quello satanico del biblico Ba’al (mia piccola nota sarcastica).
Ad inizio XX secolo negli USA sorse un nuovo gruppo religioso, inizialmente specialmente da dentro la componente evangelica-battista, che si richiamava direttamente a un aspetto del primo cristianesimo, fatto di richiamo dell’azione diretta dello Spirito Santo, parlare in lingue, imposizione benedicente delle mani, ribattesimo da adulti (uomini rinati e nuovi) e lettura letterale della Bibbia, quindi fondamentalista (queste caratteristiche sono state riprese anche da gruppi cattolici detti “carismatici”), chiamati normalmente Pentecostali o Evangelicali.
Il fondamentalismo religioso ha portato questi gruppi religiosi, oggi molto diffusi negli USA e non solo, a una visione conservatrice della società (e da qui l’appoggio a Trump).
La identificazione dei sionisti cristiani con lo Stato sionista viene giustificata teologicamente quale essere l’avverarsi della profezia del ritorno di Gesù Cristo attraverso il precedente ritorno degli ebrei nella “Terra Santa” e la ricostruzione del “terzo Tempio” (dopo quello di Salomone e quello di Erode il grande, distrutto nel 70 d.C.).
Questa idea dei sionisti cristiani sul “terzo tempio” è tutta strumentale e in via di massima non è per una identificazione con lo Stato sionista, ma per sostenere le affermazioni messianiche di un ritorno del Cristo. Ma ad essa si agganciano speculazioni politiche yankee.
Per capire i cristiani sionisti, questi vanno collocati nel loro contesto yankee che – essendo quello l’ambiente di gestazione – assumono una identificazione con lo Stato sionista perché vedono in esso non solo un ritorno “profetico” alla Terra Promessa, ma anche una riproposizione ai nostri tempi di quello che ha rappresentato all’inizio la colonizzazione per i “padri pellegrini”; e che questa sia una identificazione culturale al modello di società yankee lo dimostra anche una teologia diffusa in questi gruppi religiosi, riflesso della mentalità capitalista statunitense: la teologia della prosperità.
Per questa teologia chi ha successo economico (vedi di nuovo Trump) o il gruppo religioso che riesce ad attrarre nuovi e molti adepti, lo ha perché “benedetto da Dio”, teologia che è in diretto contrasto con la teologia della Riforma Protestante, che invece si richiama al pensiero di Paolo di Tarso e alla Grazia gratuita per fede (faccio osservare che “essere salvati gratuitamente da Dio”, per i capitalisti, è una vera bestemmia), teologia della prosperità vista come vera apostasia dai teologi Riformati, tanto più non si capisce perché “per Dio” tanti cristiani del passato e del presente sono stati perseguitati o ridotti in povertà.
Allo stesso tempo, nell’ebraismo yankee, dopo la conquista della Cisgiordania nel 1967 da parte dello Stato sionista, sono sorti sionisti con ideologie messianiche e la chiara volontà di attuare la pulizia etnica dei palestinesi, avendo come modello proprio il colonialismo di sostituzione attuato dagli yankee a partire dal New England, dal XVII secolo in poi.
Questo sionismo yankee – il rabbino Kahane è il più conosciuto – è visceralmente razzista e violento, e progressivamente ha preso la guida del movimento sionista imponendosi su quello di estrazione europea pseudo-socialista di Herzog e cripto-fascista di Irgun/Likud, quale gruppo egemone nelle colonie di sostituzione in Cisgiordania.
In questo contesto l’avvelenamento attuato dai sionisti verso l’ebraismo, italiano in particolare, è tale che è quasi un discorso tra sordi quando, in dibattiti tra cristiani ed ebrei, quest’ultimi affermano costantemente il loro diritto a occupare la Palestina Mandataria, con rare defezioni, nonostante studi genetici recentissimi dimostrino che gli askenaziti (il 75% degli ebrei nel mondo) hanno una origine materna non ebrea e per lo più dall’Italia.
Il problema per noi è il legame sempre più stretto dei sionisti messianici con i nostri post-fascisti perché entrambi mirano a una società autoritaria ma fittiziamente vestita di democrazia, e in questo è la nostra fratellanza con la causa palestinese; ed è il caso di ricordare che il fascismo non abolì lo Statuto Albertino del 1848, semplicemente lo svuotò con leggi che ne negavano le affermazioni proposte.
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Paolo DP
scusate il lapsus freudiano, Herzl (Teodoro) e non Herzog.
Paolo De Prai