22 e 25 NOVEMBRE 2025
Dalla Palestina alle nostre borgate, contro la violenza sulle donne e di genere, contro la violenza di questa società: blocchiamo tutto!
Quest’anno il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, arriva in un contesto sempre più segnato da una violenza strutturale che continua a colpire le nostre vite, i nostri territori, e interi popoli, in molte parti del mondo, come in Palestina.
Come donne e libere soggettività delle borgate, parteciperemo insieme a @donne_contro_guerraegenocidio alla manifestazione nazionale indetta da Non Una di Meno a Roma il 22 novembre, al grido: “Contro la violenza di questa società, contro il genocidio e la finanziaria di guerra: blocchiamo tutto!”. E lo faremo portando con noi la memoria e i simboli della resistenza di donne che si sono opposte prima di noi al genocidio in Palestina, alle guerre e a ogni forma di oppressione, con rabbia, coraggio e determinazione.
In vista di quella data, e poi anche il 22 stesso e il 25 novembre, continueremo a organizzare nei nostri territori, nelle province e nelle periferie di Roma, momenti di mobilitazione.
Contro le forme di violenza che viviamo ogni giorno
Daremo vita a questi appuntamenti e parteciperemo alla manifestazione nazionale contro la violenza che attraversa la nostra società.
Quella violenza che produce femminicidi, stupri, molestie e abusi che viviamo ogni giorno nei nostri quartieri, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro e di formazione.
È la violenza di uno Stato che smantella consultori, definanzia case rifugio e centri antiviolenza, sottrae risorse ai quartieri e destina miliardi alle spese militari.
È la stessa violenza di una finanziaria di guerra che parla di “famiglia” e di “pari opportunità”, ma taglia i servizi essenziali, distribuisce briciole a chi subisce violenza di genere e si rivolge solo alle pochissime donne di questo Paese con tre o più figli, lasciando fuori lavoratrici precarie, migranti e domestiche, nell’ennesimo tentativo di questo governo di fingersi dalla parte delle donne e, soprattutto, delle madri.
È violenza anche il rainbow-washing di aziende e partiti che si dicono inclusivi mentre le persone LGBTQ+ e queer continuano a essere sfruttate e discriminate nei luoghi di lavoro, nei quartieri e nelle scuole, vedendosi negati diritti, politiche pubbliche, accesso a cure e percorsi come la carriera alias, spesso concessi solo in forme parziali e medicalizzanti.
È violenza anche quella insita in leggi e proposte normative, come i tentativi di vietare l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e la nuova proposta di legge regionale n. 207/2025, che ancora una volta cerca di confinare il ruolo delle donne alla maternità e all’immagine dell’“angelo del focolare” e a reimporre la cosiddetta “famiglia tradizionale” come unico modello possibile.
È la violenza di chi ci lascia senza casa, con salari da fame e prezzi in continuo aumento, mentre cerca di farci credere che le “priorità” siano la sicurezza e le armi.
È la violenza che si manifesta con il genocidio in Palestina, nel colonialismo e nelle aggressioni, militari e non solo, da parte di Israele e dei paesi occidentali, giustificate spesso attraverso la strumentalizzazione delle donne, delle loro battaglie e di quelle delle soggettività LGBTQ+.
Una violenza che affonda le sue radici nelle logiche e negli interessi dell’occidente “democratico” che sostiene e riproduce queste stesse dinamiche per legittimare guerre e invasioni.
Il percorso nei nostri quartieri
Non a caso, ci avviciniamo a queste giornate di mobilitazione con vari appuntamenti nelle strade delle nostre borgate: a Magliana, per ribadire che vogliamo soldi spesi per i nostri quartieri e non per finanziare guerre e genocidi; a Primavalle, per conquistare uno sportello antiviolenza pubblico, con nel cuore Michelle Causo, Manuela Petrangeli, Rossella Nappini, e tutte le vittime di femminicidio; a San Basilio, per pretendere reali strumenti di prevenzione e contrasto alla violenza di genere, come l’educazione alla sessualità e all’affettività; a Pietralata, per ribadire la necessità di consultori e servizi pubblici fondamentali per le donne e per le libere soggettività lavoratrici, giovani, disoccupate, migranti, madri e non.
L’unica risposta alla violenza resta la “punizione” e non la prevenzione
A due anni dal femminicidio di Giulia Cecchettin, che aveva scosso profondamente il paese, nulla è cambiato nell’approccio del governo al problema della violenza di genere: le misure continuano a essere unicamente punitive, simboliche e di facciata.
Ne è esempio la proposta di legge sull’ergastolo presentata l’8 marzo, data scelta non a caso: un provvedimento puramente propagandistico, pensato per mostrarsi “dalla parte delle donne” e utile solo a spostare l’attenzione sulla condanna del singolo, anziché sulla prevenzione. Una continuità evidente con ciò che già i governi precedenti e di centrosinistra negavano: servizi, lavoro e strumenti sociali, educativi e culturali che permettano davvero di uscire, prima che sia troppo tardi, da situazioni di violenza. Oggi molte di noi non possono nemmeno permettersi di denunciare, perché vivono in condizioni di precarietà e ricattabilità. E non stupisce che anche il PD si “risvegli” solo ora, a pochi giorni dal 25 novembre, collaborando con Fratelli d’Italia su un emendamento bipartisan che ripropone la stessa logica, solo punitiva, su tematiche importanti come quelle del consenso e della violenza sessuale.
Verso lo sciopero generale del 28 e la manifestazione nazionale del 29 novembre
Negli ultimi mesi, le mobilitazioni e gli scioperi per la Palestina hanno mostrato come sempre più donne e libere soggettività partecipino attivamente alle battaglie, non solo a difesa dei propri diritti, ma anche in un rifiuto più ampio delle politiche di questo governo, della guerra, del genocidio e del sistema violento e oppressivo in cui viviamo.
Queste giornate di mobilitazione contro la violenza di genere non possono non guardare alle grandi manifestazioni e agli scioperi di questi mesi e a quelle che ci saranno, contro il governo Meloni, in solidarietà con il popolo palestinese e a sostegno delle missioni della Flotilla. Dove abbiamo ribadito e ribadiremo che non ci sentiamo rappresentate dalle “signore della guerra” in Italia, in Europa e altrove: Meloni, Von der Leyen, Machado e tutte le altre “leader” che alimentano logiche di oppressione e di violenza.
Complici d’Israele, nessuna di loro ha mai fatto nulla di concreto per le donne e le persone queer, se non usarci per la propaganda elettorale, per politiche repressive o guerrafondaie, in nome della difesa dei “nostri diritti’. Intanto, nel nostro Paese, molte di noi non arrivano alla fine del mese e continuano a fare i conti con le disuguaglianze, le discriminazioni e la violenza di un sistema che anche loro contribuiscono a portare avanti e ad alimentare.
Per questo il 28 parteciperemo allo sciopero generale e il 29 novembre alla manifestazione nazionale a Roma, alle ore 14 a Porta S.Paolo, contro la finanziaria di guerra. Dove ribadiremo che, come donne e libere soggettività, non solo ci organizziamo e mobilitiamo per riconquistare servizi, tutele fondamentali e strumenti di prevenzione, ma vogliamo le dimissioni di questo governo. Non saremo “vittime” di questa finanziaria di guerra e continueremo a mobilitarci finché la Palestina non sarà libera. Blocchiamo tutto, per cambiare tutto!
Appuntamenti del 22 e 25 novembre
Ci vediamo la mattina di sabato 22 novembre a Frascati in via Cesare Battisti (appuntamento per cui seguiranno aggiornamenti), alle ore 14:30 a Piazza della Repubblica per la manifestazione nazionale indetta da Non Una di Meno Roma e martedì 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza di genere, saremo alle ore 17 a Piazza Alfonso Capecelatro, nel quartiere di Primavalle, dove con varie tappe, rimetteremo al centro i bisogni delle donne di un quartiere fortemente colpito da femminicidi e dall’abbandono da parte delle istituzioni all’assenza di tutele e garanzie, e che, come primo passo per il proprio riscatto, vuole uno sportello anti-violenza.
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