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Comitati No Expo: “non faremo sconti a nessuno, nemmeno a Pisapia”

E ora che Pisapia è il nuovo sindaco di Milano «basta portare avanti gli interessi del partito del mattone. Basta sostenere impresa, rendita e profitto a scapito dei cittadini di Milano e dell’hinterland».
La “beffa”, come temuto dai berlusconiani, dai formigoniani, dai morattiani, si è consumata. Sarà Pisapia e il centrosinistra a tagliare il nastro dell’Expo 2015. «Fino ad oggi» ci spiega Luca Trada, uno dei portavoce del comitato No Expo, «la società di gestione di Expo 2015 è stata occasione di sperpero di milioni di euro per pagare stipendi da capogiro ad amministratori delegati come Stanca e Glisenti, che nulla hanno prodotto, ma anche ad archistar come Boeri, che ha realizzato un Masterplan, presentato in pompa magna davanti al mondo intero, e pochi mesi dopo stracciato». Non hanno sostenuto Pisapia, smentendo con i fatti quanto sostenuto dal comitato elettorale della Moratti, con il premier Berlusconi in testa a pontificare che «Pisapia è il canditato dei No Expo». Certo, «se andiamo a chiedere ad uno ad uno dei No Expo per chi hanno espresso il voto nell’urna, al 99.9% la risposta sarà Pisapia. Ma questo non vuol dire che ora faremo sconti al neosindaco di Milano». Si aspettano «che Boeri sia tenuto lontano dall’affaire Expo. Che il Grande Evento diventi un “evento diffuso” per il benessere di tutta la città e non solo per gli interessi di chi ci metterà i soldi». E proprio i soldi saranno “il problema” per la nuova amministrazione. «Difficilmente Berlusconi aprirà i cordoni della borsa per permettere al centrosinistra di organizzare il “suo” Expo». Cambiare in corsa? «Difficile, perché il Bie non accetterà un’inversione di rotta rispetto all’Expo marca Moratti». E allora? «Chediamo niente accordi di programma, nessun escamotage per costruire le intuili e costosissime serre, simbolo di un Expo tutt’altro che a misura d’uomo». La soluzione? «O l’ennesima macelleria sociale, tagli alla spesa pubblica, continuare nella svendita di patrimonio pubblico e diritti edificatori, oppure mettere Milano e i suoi cittadini al centro dell’amministrazione. Il che significherebbe rinunciare all’Expo. Rimettere in gioco le carte. Rivedere totalmente il Piano di Governo del Territorio. Per far questo, però, Pisapia dovrebbe staccarsi dall’idea di un’ampia fetta del Partito Democratico per il quale l’Expo va fatto necessariamente sulle aree individuate dalla Moratti. Noi non dimentichiamo, ad esempio, che il Pd in consiglio comunale ha votato l’accordo di programma proposto dal centrodestra su Cascina Merlata». Ed è proprio sul percorso di «nessuno sconto, qualunque sia il colore della prossima amministrazione» che il comitato No Expo darà vita, dal 17 al 19 giugno, al primo campaggio di “azione climatica” italiano. Il Climate Camp No Expo si terrà a Rho, proprio sui terreni del Grande Evento: «in quei giorni rivendicheremo pratiche e contenuti alternativi sia in campo energentico che rispetto al costruire. Recupero. Riciclo. Autocostruzione. E visto che siamo consapevoli che nessuno, nemmeno Pisapia, avrà mai in mente di ripensare all’intera operazione Expo, chiediamo al nuovo sindaco di continuare su quello che finora si è dimostrato essere solo una suggestione: un altro Expo. Diverso tanto da quello centrodestra – Comunione e Liberazione – Moratti che da quello Partito Democratico – cooperative – Boeri. Un Expo “diffuso” e soprattutto su aree pubbliche». In fondo, se Milano ha deciso di voltare pagina politicamente, «perché non puntare a un’inversione anche del modello di sviluppo? Per iniziare questo percorso, basterebbe un primo passo: abrogare il Piano di Governo del Territorio che prevede 18 milioni di metri cubi di nuove costruzioni entro il 2013 per un business di 70 miliardi di euro. Aprire a un modello partecipato non solo di gestione, ma di pensiero sulla città».

* Liberazione del 1 giugno

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