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Le tavole talmudiche del capitale

Non c’è incontro, non c’è dibattito in cui non emerge – come una sorta di presunta risoluzione taumaturgica delle questioni in campo – questo Manifesto di Lor Signori i quali, come è evidente, è un vero e proprio decalogo dei desiderata padronali adeguati al nuovo stadio della immanente crisi che attanaglia l’Azienda/Italia.

Nelle ultime settimane è andato crescendo il pressing delle teste d’uovo di Viale dell’Astronomia i quali ritengono – di fatto – consumata la fase del governo del Cavaliere e lavorano, scopertamente, alla definizione programmatica e concreta di un nuovo esecutivo di governo che sappia imporre quelle misure lacrime e sangue che consentirebbero al capitalismo tricolore di non perdere ulteriori quote, sotto i colpi della crisi, nell’ambito della gerarchia internazionale e della correlata competizione globale.

Del resto basta ascoltare in televisione alcuni personaggi – da Montezemolo alla Marcegaglia, da Mario Monti a Tito Boeri – e si può cogliere in più voci il piglio del candidato a presidente del consiglio in pectore nel mentre dispensa severe lesioni di austerità e ulteriori reprimende contro la spesa pubblica, il cosiddetto assistenzialismo e le pensioni.

Ci approssimiamo – dunque – al di là di alcuni passaggi formali obbligati (inerenti l’involucro politico-istituzionale) ad un periodo in cui l’egemonia culturale del capitale “di stampo europeo” dilagherà nell’agenda politica condizionando l’intera ingegneria istituzionale e la futura governance (che significa “gestione”, non governo).

Non è un caso che anche l’attivismo attorno all’obiettivo di ricostruzione del nuovo Ulivo (Bersani, Di Pietro, Vendola, con qualche piccola ruota di scorta in via di aggregazione…) riflette questo dibattito imposto dall’alto assumendo, più meno direttamente, le direttive di Confindustria a mo’ di Vangelo su cui giurare ed immolarsi per il bene supremo delle compatibilità del sistema/Italia e dell’Unione Europea.

Ma la pericolosità sociale di questa operazione sarà incarnata dagli elementi di mistificazione e di autentico stravolgimento della realtà con cui sarà gestita, su tutti i versanti, la prevedibile prossima fase post/berlusconiana.

Già all’indomani del varo della manovra economica di Ferragosto e il palesarsi delle prime suggestioni circa l’enuclearsi di possibili nuovi governi tecnici e/o di responsabilità nazionale invitammo a stare in guardia da soluzioni che, solo apparentemente, possono apparire più consone agli interessi dei ceti sociali subalterni e più esposti agli effetti devastanti della crisi economica.

Oggi, a distanza di un mese, mentre le crude cifre degli stessi analisti borghesi ci mostrano una irrisolta e pesante difficoltà dei meccanismi di accumulazione e di riproduzione capitalistici e mentre si discute apertamente, in Italia e non solo, di ennesime stangate contro i soliti noti, il Manifesto di Confindustria assurge a modello di orientamento e di riferimento per il prossimo periodo.

Non ci resta – quindi – che rilanciare, in sintonia con le mobilitazioni che cominciano a lievitare nel paese, quelle indicazioni che, da sempre, hanno caratterizzato i contenuti autonomi ed indipendenti del conflitto sociale rigettando, al mittente, ogni subdolo condizionamento che alluderebbe a fantomatici esecutivi neutrali o al di sopra delle parti.

Per cui – ancora una volta – come in altri snodi della storia del movimento operaio e dei lavoratori: Nessun Sacrificio e Nessuna Collaborazione!

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