Nel silenzio occidentale, in Bahrein si muore. Ma quella è una “dittatura buona”, ossia una monarchia che non osa neppure pensare di giocare autonomamente nello scacchiere del Golfo Persico. Kareem Fakhrawi, un esponente del principale gruppo di opposizione sciita del Paese (Wefaq), è morto in carcere. Anche se la notizia non è stata ancora confermata ufficialmente. Secondo Mattar Mattar, altro esponente di Wefaq, il 49enne Fakhrawi è morto nel carcere in cui sarebbe stato rinchiuso 15 giorni fa, dopo essere entrato in un posto di polizia per chiedere chiarimenti sulla demolizione della propria abitazione. Secondo gli attivisti per i diritti umani, Fakhrawi è il quarto esponente dell’opposizione sciita a morire in carcere in Bahrain solo negli ultimi giorni. Inoltre, diversi medici e parte del personale del ministero dell’Istruzione di religione sciita sono stati arrestati ieri. Le autorità del Bahrein sono note per l’abitudine a torturare i detenuti. Naturalmente loro respingono le accuse. In Bahrein è in vigore dal mese scorso lo stato d’emergenza e le truppe saudite (insieme a quelle degli Emirati Arabi Uniti) sono entrate nela paese per reprimere le numerose proteste contro la monarchia. Dal 14 febbraio ci sono stati oltre 25 morti, tantissimi, in un paese davvero piccolo (un arcipelago di appena 720 kmq e, nel 2001, con 650mila abitanti). Da allora sono state arrestate oltre 400 persone, tra attivisti, medici, blogger e sostenitori dell’opposizione.
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