Menu

Israele. Netanyahu non cede su nulla

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito ieri sera, in un discorso davanti alla lobby israeliana statunitense Aipac, che Israele non tornerà mai agli «indifendibili» confini del 1967. “Voglio assicurarvi una cosa: la pace deve garantire la sicurezza di Israele ed è per questo che non torneremo alle frontiere indifendibili del 1967”, ha dichiarato Netanyahu. Oggi il premier israeliano terrà un discorso davanti al Congresso americano. L’editoriale di oggi del Jerusalem Post sottolinea soddisfatto come sia “apparso evidente dalle parole che ha pronunciato domenica al convegno di Aipac (American Israel Public Affairs Committee), che il presidente Usa Barack Obama ha recepito le critiche mosse al suo precedente discorso sul Medio Oriente tenuto giovedì al Dipartimento di Stato”.

L’Autorita’ Nazionale Palestinese non intende “fare una dichiarazione unilaterale d’indipendenza” ha dichiarato intanto il dirigente di Fatah, Azzam al-Ahmed, dopo una serie di colloqui a Mosca in cui e’ stato ricevuto anche dal ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. L’esponente di Fatah ha aggiunto che la Russia sostiene l’idea palestinese di sottoporre un’iniziativa per l’indipendenza della Palestina al voto delle Nazioni Unite, anche se non ha garantito un voto positivo. Lunedi’ Lavrov aveva espresso sostegno per il processo di riconciliazione palestinese, osteggiato da Israele per il coinvolgimento di Hamas.

La fiammata di proteste, che ha visto migliaia di palestinesi lungo i confini di Israele, Libano e Siria, oltre che ai valichi con la Striscia di Gaza, in occasione dell’anniversario della Nakba (la “catastrofe” nazionale palestinese) lo scorso 15 maggio, potrebbe ripetersi il 5 giugno. La notizia è stata diffusa dai media e dalle agenzie sia palestinesi che israeliane, lo scorso sabato. Sempre il Jerusalem Post mette il dito sulla piaga del punto ritenuto da Israele come “non negoziabile”. Il diritto al ritorno dei profughi palestinesi. L’editoriale richiama alla memoria la lettera con cui l’ex presidente Bush metteva una pietra sopra alla questione e lamenta che “Purtroppo l’altro punto cruciale della lettera di Bush, che faceva riferimento al problema dei “profughi” palestinesi, è rimasto significativamente assente dalla chiarificazione offerta da Obama ad Aipac. Bush aveva nettamente respinto la rivendicazione palestinese del cosiddetto “diritto al ritorno”, affermando che “la cornice per una soluzione concordata, equa e realistica della questione dei profughi palestinesi, nel quadro di un accordo sullo status definitivo, dovrà essere cercata nella creazione di uno stato palestinese e nell’insediamento di profughi palestinesi in esso anziché in Israele”.

Nel frattempo i gruppi e i comitati popolari che hanno organizzato le proteste dello scorso 15 maggio, hanno infatti dichiarato all’agenzia Maan “che quelle proteste sono soltanto l’inizio di una serie di iniziative volte a scuotere la memoria collettiva palestinese”. E hanno indetto marce pacifiche lungo i confini della Palestina storica per il 5 giugno, data che segna un altro anniversario doloroso per il popolo palestinese, la Guerra dei Sei giorni ovvero l’inizio dell’occupazione nel 1967 dei territori, quindi di Gaza, della Cisgiordania, Gerusalemme Est oltre che del Libano del Sud e delle Alture del Golan (la Naksa).

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *