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Yemen. Saleh resta a Riad per volere Usa?

Forti dubbi si addensano dentro e fuori lo Yemen sulla certezza del ritorno in patria e in sella al potere del contestato e ora convalescente presidente Ali Abdallah Saleh, che potrebbe esser trattenuto in Arabia Saudita, dove si trova attualmente ricoverato, anche a seguito di pressioni occidentali. In primis degli Stati Uniti: «Chiediamo una transizione di potere pacifica e ordinata, una transizione immediata è nel miglior interesse della gente», ha affermato oggi il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. Ma anche i principali Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno emesso un comunicato congiunto nel quale annunciano il sostegno all’iniziativa di Riad sul processo di transizione in corso a Sanaa. Poco dopo le assicurazioni fornite dal vice presidente Abed Rabbo Mansur Hadi – che di fatto ha assunto i poteri del capo di Stato – sul fatto che Saleh «sarà di ritorno nei prossimi giorni», gli uffici dei leader di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna hanno diramato un comunicato a favore della mediazione del Consiglio di cooperazione del Golfo. L’organizzazione che in funzione anti-iraniana riunisce i sei Paesi filo-occidentali della Penisola araba e su cui l’Arabia Saudita esercita forte influenza, aveva nelle settimane scorse tentato per ben tre volte invano di metter d’accordo Saleh, al potere da 33 anni e contestato da gennaio scorso, e i leader del composito fronte delle opposizioni, in parlamento e in piazza.

«Prendiamo atto della partenza del Presidente Ali Abdullah Saleh dallo Yemen ed esprimiamo il nostro ringraziamento all’Arabia Saudita per averlo accolto sul proprio territorio per prestargli le necessarie cure mediche», si legge nella nota diramata oggi da Palazzo Chigi. «Dopo mesi di difficoltà e violenza che hanno inflitto considerevoli sofferenze al popolo yemenita e provocato pesanti devastazioni, esortiamo tutte le autorità civili e militari – prosegue il comunicato – e dello Yemen a rispettare la tregua promossa da Re Abdullah di Arabia Saudita».

In oltre quattro mesi di proteste anti-regime, repressioni e scontri armati a cui da due settimane hanno preso parte influenti tribù scese a fianco del fronte del dissenso, in Yemen sono morte 450 persone. Migliaia sono fuggiti dai teatri delle battaglie più sanguinose, che non hanno risparmiato interi quartieri settentrionali della capitale. «Facciamo appello agli yemeniti perchè trovino la strada della riconciliazione in uno spirito di dialogo e unità nazionale – continua la nota dei Paesi europei – in particolare sulla base delle proposte avanzate nel quadro dell’iniziativa del Consiglio di Cooperazione del Golfo, alla quale diamo pieno sostegno, così che il popolo yemenita possa scegliere democraticamente il proprio leader. Siamo pronti – conclude – a dare tutto il nostro appoggio agli yemeniti in questo percorso».

Secondo osservatori locali, l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, che temono l’acuirsi del caos nello strategico Paese arabo, impediranno il ritorno in Yemen di Saleh, operato «con successo» al petto e alla testa dopo che era stato ferito venerdì scorso in un ancora oscuro bombardamento a colpi di mortaio del palazzo presidenziale. La sua partenza per Riad ha da ieri scatenato migliaia di manifestanti per le strade e le piazze di Sanaa e Taiz (altro epicentro della rivolta a sud-est della capitale), che celebrano «la caduta del regime» e promettono che faranno tutto il possibile per evitare «il ritorno del dittatore corrotto». Intanto un commando armato oggi ha ucciso oggi sette soldati yemeniti e ne ha feriti altri 12 in scontri nella citt… di Zinjibar, nella provincia meridionale di Abyan. Il mese scorso, decine di uomini armati sospettati di appartenere ad al Qaida sono entrati a Zinjibar, mettendo in fuga le forze di sicurezza, prendendo il controllo degli edifici pubblici e dandone alle fiamme alcuni.

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