«Adesso chiudi l’1%», parte da Oakland il primo appello a uno sciopero generale negli Stati uniti dal 1946. E non è una coincidenza che l’ultimo si sia tenuto proprio nella città californiana (il secondo porto degli Usa). «Niente scuola, niente lavoro, tutti in piazza», è la nota quasi didascalica che spiega la protesta cittadina indetta per mercoledì 2 e che si spera venga adottata anche dalle altre piazze occupate. Obiettivi: solidarietà agli occupanti di tutte le città, fine delle violenze della polizia, difendere le scuole e le biblioteche pubbliche, «lotta alle disuguaglianze economiche che perpetuano il sessismo, il razzismo e la distruzione dell’ambiente». Il dibattito naturalmente è aperto e in rete nessuno sottovaluta i rischi del fallimento di un’iniziativa così ambiziosa e forse prematura. Lo sciopero si collega alle occupazioni dei rettorati delle università di San Francisco e Long Beach annunciati per il 16 e il 17. Venerdì scorso Michael Moore è arrivato a Oakland e si è unito ai manifestanti: «Qualsiasi cosa riuscirà a fare questo movimento avrà al centro l’idea che il controllo dell’economia torni in mano ai cittadini», ha detto il regista in piazza intervistato dalla Cnn.
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