«Mi hanno dato della svergognata, della spudorata… Mi hanno perfino sputato addosso». Adesso la magrolina Naamà Margulis, otto anni non ancora compiuti, protetta da occhialetti da miope, davanti alle telecamere confessa di avere paura anche a percorrere i 300 metri che separano la sua abitazione a Beit Shemesh (a ovest di Gerusalemme) dalla scuola. Perchè lungo il percorso la attendono al varco i temibili ‘Sikarikim’: gli autoproclamati ‘guardiani della modestià che hanno stabilito che la famiglia Margulis – che pure mantiene uno stile di vita religioso – rappresenta un affronto al pubblico pudore. Due minuti al telegiornale della tv commerciale Canale 2 sono bastati alla piccola Naamà a fare da fiammifero per la ‘polverierà Beit Shemesh: una sonnolenta città popolata in passato da proletari sefarditi, poi abbandonata al suo destino ai margini della superstrada Tel Aviv-Gerusalemme, trasformatosi infine nell’ultimo decennio in un ribollente sobborgo ultra-ortodosso. Qui la prima generazione del fanatismo religioso si è palesata senza più freni. Qui, un anno fa, sono comparse le prime ‘donne talebanè: ebree ortodosse coperte dalla testa ai piedi da più strati di scialli per dissimulare le proprie forme. E con loro hanno messo radici i maneschi ‘Sikarikim’: i ‘guardiani della modestià che rievocano con questo nome gli zeloti che – duemila anni fa, sotto l’occupazione romana – pugnalavano gli ebrei assimilati con una ‘Sikà, un pugnale. Se paragonata alle ‘donne talebanè, anche la malcapitata Naamà sembra dunque ai ‘Sikarikim’ un esempio ambulante di indecenza, che va estirpato. Già da tempo – ma non si sapeva – a Beit Shemesh sono stati istituiti marciapiedi separati per sessi, per impedire che donne passino accanto alle sinagoghe degli estremisti. Già da tempo – ma non si sapeva – rabbini estremisti della città hanno impartito ordini espliciti affinchè le donne non si attardino per strada più del tempo dovuto per le incombenze familiari, e che non facciano capannello agli ingressi della case. Probabilmente, non c’è in Israele alcun’altra località dove rabbini massimalisti siano in grado in questa misura di imporre il loro volere. Questa settimana, la breve apparizione televisiva di Naamà ha fatto esplodere la situazione. Troupe televisive sono accorse a Beit Shemesh. I reporter si sono visti circondati da folle ostili, in tre casi sono stati aggrediti. «Siamo stati sul punto di essere linciati», ha raccontato un cameraman. Quando il municipio ha cercato di rimuovere i cartelli che ordinano la separazione per sessi nelle strade, si sono avute proteste di massa. La polizia ha dovuto disperdere i facinorosi. E poco dopo i cartelli sono riapparsi. Domani a Beit Shemesh ci sarà una manifestazione in sostegno di Naamà. Religiosi moderati si sono offerti volontari a scortarla a scuola. Ma è una battaglia di retrovia. Il sindaco di Beit Shemesh, un esponente del partito ortodosso Shas, ha già autorizzato la costruzione di 10 mila nuovi alloggi per gli zeloti. Le telecamere televisive non resteranno a lungo. In definitiva, chi non vorrà adottare il loro stile di vita, dovrà per forza traslocare.
(Fonte: Aldo Baquis, Ansa)
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