Una visione di parte, certamente. Ma che coglie alcuni elementi che ai giornali di casa nostra interessa invece nascondere. Perché non c’è solo – e nemmeno tanto – l’afflato umanitario, dietro la pressione politica per “intervenire” in vari paesi arabi (ben scelti tra quelli “non allineati” contrattualmente con l’Occidente, come Libia e Siria; mentre si tollera un po’ di tutto in Arabia Saudita, Bahrein, Yemen, Egitto).
Le rivolte arabe potrebbero essere state alimentate dall’interesse di qualcuno a ristrutturare i mercati: è l’ipotesi formulata dal premier russo Putin in un lungo articolo sulla politica estera pubblicato oggi sul Moskovskie Novosti.
«Si potrebbe pensare che i tragici eventi siano stati stimolati ad estendersi non dall’attenzione per i diritti umani ma dall’attenzione di qualcuno nella ristrutturazione dei mercati», scrive Putin, sottolineando che le compagnie russe hanno perso le loro posizioni decennali e grandi contratti commerciali nei mercati interessati dalle rivolte arabe, come successo precedentemente in Iraq. «E le nicchie ora vuote sono riempite da operatori economici di Stati che hanno avuto un ruolo nel sostituire il regime in carica», aggiuge.
Ma Putin avverte che Mosca non starà a guardare con «distacco olimpico» e intende riguadagnare le sue posizioni economiche nei Paesi arabi.
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