«Per vincere la guerra contro la sovversione dovevano morire sette-otto mila persone»: lo ha detto in un’intervista l’ex dittatore argentino, Jorge Rafael Videla, riferendosi ai ‘desaparecidos’ fatti sparire dall’ultimo regime di estrema destra del paese, quello militare tra il 1976 e il 1983. I militari hanno d’altra parte fatto scomparire i cadaveri degli oppositori uccisi per evitare «proteste», ha aggiunto l’ex generale Videla, che ora ha 86 anni ed è in un carcere militare dove sconta una condanna all’ergastolo, in una lunga intervista (20 ore in tutto) concessa al giornalista Ceferino Reato. «Non c’era altra soluzione, eravamo d’accordo sul fatto che quello era il prezzo da pagare per vincere la guerra contro la sovversione. Avevamo bisogno che non fosse evidente perchè non volevamo che la società lo sapesse’, ha detto Videla nel libro, il cui titolo è ‘Disposizione finale’, gergo militare che sta ad indicare ‘mettere fuori servizio una cosa in quanto non serve più’.
Negli anni della dittatura “era necessario eliminare un gruppo grande di persone che non potevano essere portate davanti ai tribunali e neppure essere fucilate” ha aggiunto Videla, che è stato alla guida del regime militare tra il 1976 e il 1981. L’ex generale ricorda quanto sia stata importante per i fascisti argentini la cosiddetta “dottrina francese” utilizzata in Argelia dai colonialisti di Parigi negli anni ’50 e poi trasmessa ai vertici militari dei paesi latinoamericani in lotta contro i movimenti popolari e le sinistre. La prima lunga lista di persone da eliminare, ammette l’ex dittatore nell’intervista, era stata stilata tre mesi dopo il golpe che portò Videla al potere.
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