Fonte: Misna
La ‘Central Obrera Boliviana’ (Cob), principale sindacato del paese, ha annunciato nuove proteste che minacciano di sfociare a fine mese in uno sciopero a tempo indeterminato, dopo aver respinto l’offerta del governo di innalzare il salario minimo al 18%, tre punti in più della proposta iniziale.
Già alle prese con scioperi dei medici e dei docenti, blocchi stradali e una marcia che mercoledì porterà di nuovo in piazza – sebbene con divisioni interne – gli indigeni dell’Amazzonia che si oppongono al controverso progetto di costruzione di una strada che taglierà in due la riserva naturale del ‘Tipnis’, l’esecutivo di Evo Morales ha rivolto un nuovo invito al “dialogo”, rimasto inascoltato.
Con la nuova offerta, il salario minimo dovrebbe salire all’equivalente di circa 107 euro mensili, ma “il plenum dei dirigenti sindacali l’ha rifiutata” ha detto ai giornalisti il leader della Cob, Juan Carlos Trujillo. La mobilitazione andrà avanti, ha aggiunto, “fino a quando il governo non accetterà di valutare la richiesta del sindacato in base al paniere minimo” pari all’equivalente di 907 euro mensili per una famiglia di cinque persone. Il confronto aveva già portato l’11 aprile a un primo sciopero generale, di scarso impatto sulla produzione, ma capace di paralizzare le principali città del paese con manifestazioni di protesta.
Insieme alle dimostrazioni convocate dalla Cob, ha compiuto un mese lo sciopero dei medici e degli impiegati dei servizi sanitari pubblici contro un decreto che estene la giornata lavorativa da sei a otto ore. Da una settimana proseguono in tre dei nove dipartimenti, incluso quello della capitale La Paz, anche le proteste dei docenti: anch’essi chiedono aumenti salariali in base al ‘paniere’ indicato dalla Cob.
Fervono intanto i preparativi per la marcia degli indigeni amazzonici del 25 aprile: il governo, che gode del sostegno dei nativi aymara e quechua dell’ovest, ha annullato di recente il contratto per la realizzazione della strada del ‘Tipnis’ (‘Territorio indigeno e Parco nazionale Isiboro Sécure’, situato tra i dipartimenti di Beni, nel nord, e Cochabamba, nel centro) – con un valore stimato pari a 317 milioni di euro, finanziati in gran parte dal Brasile – ma la popolazione locale esige la cancellazione totale del progetto.
“Non abbiamo mai pensato di far cadere il governo o qualcosa di simile…Il nostro interesse è che il governo impari a rispettare i diritti dei popoli indigeni. In un paese democratico, in uno stato di diritto, la società non può permettere che si imponga un leader totalitario” ha detto il leader nativo Fernando Vargas, riferendosi a Morales, a lungo acclamato come il primo “presidente indigeno” della storia della Bolivia.
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