La Germania ha collocato oggi titoli di stato a 12 mesi per 1,975 miliardi di euro al tasso negativo dello 0,0246%. La Bundesbank ha ricevuto richieste per 3,86 miliardi di euro, pari a un bid-to-cover ratio di 2,0 contro 2,3 della precedente asta del 23 luglio. In quell’occasione i fondi erano stati collocati a un tasso ancor più negativo, pari allo 0,0540%, segno che prosegue la caccia ai beni rifugio ma che le tensioni appaiono in diminuzione rispetto a qualche settimana fa.
La notizia va spiegata, fuori dal gergo tecnico che la rende oscura a quasi tutti.
“Tasso negativo” sui Bund tedeschi significa che chi li ha comprati ha pagato un prezzo tale che non solo non ci guadagnerà nulla, ma addirittura accetta di perdere qualcosina (lo 0,0246% del capitale investito). Perché un investitore lo faccia è chiarissimo: mette i soldi al sicuro, certo che la Germania sarà l’ultimo dei paesi europei a rischiare il fallimento.
Per la Germania, invece, significa essere pagati per farsi prestare soldi. Detto altrimenti, mentre tutti i paesi del continente sono obbligati a versare interessi enormi per rastrellare denaro sui mercati (l’Italia paga circa il 6% annuo per i propri Btp decennali, la Spagna quasi il 7), Berlino risparmia collocando un titolo di debito. In questo modo la spesa pubblica per interessi è un voce eliminata dal bilancio tedesco, ma che pesa invece moltissimo su quello degli altri paesi. Rendendo chiaro a chi fa comodo una costruzione dell’euro talmente squinternata. E anche perché la Germania si opponga così ferocemente a un intervento della Bce per “calmierare” lo spread altrui.
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