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Vertice Ue. La notte non basta, si litiga ancora

Non è ancora finita la maratona dei capi di stato e di governo per il bilancio settennale dell’Unione europea. Il Consiglio, inizialmente convocato alle 15 di ieri, è in realtà cominciato quasi sei ore più tardi, dopo un pomeriggio di trattative bilaterali. Solo poche ore di discussione su spese e ricavi, prima che il presidente Herman Van Rompuy decidesse una pausa tecnica per mettere a punto una proposta: invece di durare un’ora come annunciato, per tutta la notte il presidente del Consiglio Ue, coadiuvato dai suoi collaboratori e dai servizi tecnici della Commissione, ha cercato la quadratura del cerchio, ovvero di trovare una proposta di compromesso sul budget 2014/2020 che fosse accettabile da tutti i capi di Stato e di governo dell’Unione. I lavori del Consiglio sono poi ripresi alle 6,30, sei ore dopo la sospensione.

I leader, nell’attesa, hanno avuto qualche incontro, ma soprattutto si sono organizzati per riposarsi il più possibile, negli uffici delle delegazioni nazionali al palazzo del Consiglio, e anche il premier Mario Monti, che durante la riunione plenaria aveva richiamato con fermezza i colleghi a “dimostrare senso di responsabilità”, come hanno riferito fonti italiane, ha approfittato della lunga attesa per riposarsi.

Durante le ore notturne, in sala stampa si sono fatti vedere il premier belga Elio Di Rupo, che ha preso un caffè con i giornalisti, e la presidente lituana Dalia Grybauskaite, che ha un’esperienza come commissaria Ue al budget, protagonista della trattativa per il precedente quadro finanziario 2007/2013. “Per la prima volta nella storia dell’Unione europea ci sarà un vero taglio al bilancio – ha osservato – e per la prima volta, per motivi di politica nazionale, il tema dei pagamenti ha assunto un’importanza maggiore di quello degli impegni, che sono quelli determinanti in un bilancio pluriennale. Per la mia esperienza posso dire che la differenza fra le due cifrè è di solito attorno al 5/10%”.

Nonostante qualche malumore per l’attesa notturna dei numerosi sherpa e delle 28 delegazioni nazionali, nei corridoi del consiglio si sente anche qualche espressione di ottimismo: “molti pensano che alla fine un accordo ci sarà”, commenta in un messaggio su Twitter il ministro finlandese degli Affari europei Alexander Stubb, anche se, ha detto ancora la presidente Grybauskaite, “il lavoro è ancora molto lungo: non avrei mai pensato – ha detto attorno alle 5 del mattino – che qui avrei avuto bisogno del mio spazzolino da denti”.

La cifra di 960 miliardi di euro per i cosiddetti ‘impegni’ è di 11,9 mld inferiore a quella proposta da Van Rompuy nel fallito vertice di novembre scorso. La somma di 908,4 miliardi è per i ‘pagamenti’, ovvero l’effettiva liquidità a disposizione per le politiche europee fra il 2014 ed il 2020. Non molto davvero, se si pensa con questa cifra di far funzionare davvero lo “Stato Europeo”.

I 960 miliardi sono la stessa cifra proposta verbalmente da Van Rompuy in apertura del vertice. La seconda (908) è a metà strada fra le due ipotesi di inizio serata (fra 903 e 915 miliardi). Nella proposta non è indicata la clausola di ‘flessibilità’ richiesta dal Parlamento europeo. Secondo alcune fonti il lungo lavoro notturno si è reso necessario per rivedere la suddivisione tra i capitoli di spesa (agricoltura, coesione, infrastrutture, servizio diplomatico, amministrazione, ecc, che “pesano” pooliticamente in modo diverso da paese a paese) e la ripartizione del ‘peso’ degli sconti di cui godono paesi come Gran Bretagna, Germania, Olanda, Danimarca e Svezia.

Con la consueta franchezza, il presidente del Parlamento Ue Schulz «L’Europa è diretta verso un “fiscal cliff”, come gli Stati Uniti». Il presidente ha anche avvertito che il Parlamento Europeo «non permetterà mai alla Ue di essere gestita con un deficit strutturale». Schulz ha spiegato che «con l’attuale proposta di bilancio, che rappresenta il minimo comun denominatore dei 27, il Parlamento non può assicurarne l’approvazione, e i gruppi hanno avviato le procedure per il voto segreto», cosa che rende più libero un “no”.

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