Tokyo cancella le illusioni della Abe-economics e della stampa di yen come facile scorciatoia per “la rirpesa”. La borsa di Tokyo perde il 7,3% in poche ore e getta nel panico le borse europee. E mondiali.
Lavoriamo sulla ricostruzione fatta a caldo dal Sole24Ore, organo di Confindustria e comprensibilmente terrorizzato.
Tornano forti tensioni sui mercati finanziari internazionali e il Giappone guida un sell-off (vendite in saldo, a qualsiasi prezzo, ndr) di titoli obbligazionari e un netto ripiegamento delle Borse asiatiche con Tokyo in prima linea dove in Nikkei perde oltre il 7% ampiamente sotto i 15mila punti. Dopo che il numero uno della Federal Reserve Ben Bernanke ha lasciato intravedere una prossima riduzione degli stimoli monetari negli Usa, è arrivato oggi il primo vero segnale di problematicità legato alle politiche ultra-espansive della Banca del Giappone (BoJ): i tassi sui decennali giapponesi sono balzati oltre l’1% per la prima volta dall’aprile 2012, all’indomani della mera conferma da parte della BoJ della rischiosa strategia introdotta il 4 aprile scorso (quando il tasso sul decennale era allo 0,55%), che prevede sia il conseguimento di un tasso di inflazione del 2% sia un appiattimento dei tassi a lungo termine attraverso il raddoppio in due anni della base monetaria.
Traduciamo per il pubblico normale: se tu svaluti la moneta stampandone a volontà, chi compra titoli di stato o privati (azioni, obbligazioni, ecc) denominati in quella moneta è costretto a chiedersi: i soldi che riavrò indetro saranno pari o minori di quelli che sto pagando in questo momento? Saranno certamente di meno, quindi pretendo un tasso di interesse maggiore di prima, per tutelarmi da questo rischio. Di conseguenza, i prezzi di azioni e obbligazioni denominati in yen devono calare, in modo da garantirmi il margine di guadagno. Quindi corro a vendere tutti i tioli denominato in yen che mi trovo in cassaforte (certo, lo fa soltanto chi ha delle belle casseforti…). E quindi crolla la borsa…
E dire che l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo aveva iniziato rialzo (circa il 2%) sull’onda di un dollaro salito oltre quota 103 sullo yen (ai massimi da 4 anni e 7 mesi, conferma che la yen si sta indebolendo e quindi le esportazioni nipponiche riprendono competitività) ma poi è andato in picchiata fino a chiudere a -7,32% a 14.483 punti di fronte agli strappi (le vendite a rotta di collo) sul mercato obbligazionario.
L’innesco delle turbolenze viene fatto risalire da vari analisti alle parole di Bernanke, interpretate come un segnale che la Federal Reserve possa ridurre i suoi acquisti di Treasuries nei prossimi mesi, ma anche alla delusione per il fatto che lo “statement” di ieri della banca centrale non ha fatto alcun accenno a come cercare di ridurre la volatilità dei bond. Il mercato del Jgb (Japan Government Bond), già sotto pressioni rialziste sui tassi, si è quindi rivelato sensibile a fattori esterni come i movimenti sul titoli di Stato Usa (con il rialzo dei tassi americani) sia a fattori “interni” come le parole o i silenzi della BoJ, e ha guidato un sell-off di bond su scala globale.
Per limitare i danni, la banca centrale ha parlato oggi, annunciando a tambur battente un’operazione di fund-supplying da 2mila miliardi di yen per fornire prestiti a breve termine a tasso fisso alle istituzioni finanziarie al fine di calmare “l’aumento irragionevole della volatilità sui tassi a lungo termine”. Inoltre il portavoce del governo Yoshihide Suga è intervenuto per dichiarare che “la BoJ saprà agire in modo appropriato per far fronte al rialzo dei tassi”.Vari esperti ritengono che la BoJ non riuscirà a fermare l’aumento dei tassi a lungo specie se la Fed tirerà il freno, mentre in un contesto di così alta volatilità il trading sui bond diventa molto rischioso e le banche cercano di limitarlo. Detto altrimenti: il Giappone si è candidato con le proprie incapaci mani a fare per la seconda volta da “valvola di sfogo” della crisi statunitense. Senza peraltro aiutare gli Usa a risolversela…
Come se non bastasse, in mattinata è arrivata la notizia che l’attività manifatturiera in Cina si è contratta per la prima volta in sette mesi: a maggio l’indice HSBC dei Purchasing Managers è calato a 49,6, sotto la soglia di 50 che fa da spartiacque tra espansione e declino. Altra traduzione: se anche l’economia cinese rallenterà davvero, allora non ce n’è più per nessuno. Tantomeno per quei paesi (come Giappone, Usa, Unione Europea) chegià non crescevano affatto. O peggio.
Le pressioni al rialzo sui tassi giapponesi stanno cominciando ad avere conseguenze internazionali, perché hanno indotto gli investitori istituzionali nipponici a sospendere l’acquisto di bond (e titoli azionari) esteri la scorsa settimana, dopo tre ottave di acquisti netti: hanno venduto obbligazioni straniere (su base netta) per 808,4 miliardi di yen (e azioni estere per 136,9 miliardi di yen). Non si stanno davvero materializzando, dunque, gli attesi forti acquisti di titoli del debito sovrano estero da parte di banche e assicuratori giapponesi che erano stato anticipati dagli investitori occidentali contribuendo a schiacciare nelle ultime settimane i tassi anche sul debito dei Paesi europei. Per contro, gli investitori non giapponesi hanno continuato la settimana scorsa a essere compratori netti di azioni sul mercato di Tokyo (per 716 miliardi di yen).
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa