L’esercito filippino è passato all’offensiva contro i ribelli separatisti islamici che nei giorni scorsi si erano barricati a Zamboanga, nel sud dell’arcipelago, lanciando un’operazione militare su larga scala che stando alle fonti ufficiali di Manila avrebbe causato la morte di almeno 51 miliziani e alla cattura di altri 42. A Zamboanga è in corso una vera e propria battaglia, che ha costretto i 70 mila residenti ad abbandonar le proprie case e a cercare rifugio. Secondo i comandi militari i ribelli del Mnlf (Fronte nazionale di liberazione Moro) stanno opponendo una strenua resistenza ma sarebbero ridotti a meno di un centinaio e circondati da 3 mila effettivi dei corpi speciali dell’esercito. Nei giorni scorsi i separatisti avevano preso in ostaggio un centinaio di persone che però ora sarebbero ridotte a una decina, usati dai rapitori come scudi umani. Oltre alle vittime tra i miliziani gli scontri a fuoco hanno causato anche sei morti tra poliziotti e i soldati, e anche quattro civili sono morti. L’offensiva dell’esercito è scattata dopo un tentativo fallito di arrivare a un cessate il fuoco. Le autorità di Manila non credono alla versione del Mnlf, secondo cui il fondatore Nur Misuari – che un mese fa ha dichiarato «l’indipendenza» dell’isola di Mindanao, dove si trova Zamboanga – avrebbe disconosciuto l’operato di un suo comandante estremista a capo del commando che ha realizzato il blitz a Zamboanga. Secondo i dati ufficiali il conflitto tra esercito e guerriglia islamista e separatista ha causato dagli anni ’70 circa 120mila morti a Mindanao, isola abitata da una consistente comunità islamica. Lunghi negoziati hanno portato l’anno scorso all’intesa per una maggiore autonomia tra Manila e un altro gruppo ribelle, il Milf.
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