Dieci miliardi di rand, circa 921 milioni di dollari: tanto sarebbe costato finora all’economia del Sudafrica lo sciopero dei minatori cominciato a gennaio.
La stima è stata diffusa da Anglo American Platinum, Impala Platinum e Lonmin, multinazionali titolari dei diritti su alcuni dei giacimenti più ricchi, a due giorni da un previsto confronto con i sindacati. Un incontro al quale viene attribuito un forte rilievo politico, come testimonia la prevista partecipazione del vice-presidente Kgalema Motlanthe.
L’agitazione è stata proclamata dall’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu) con la richiesta di aumenti di salario superiori al 100%, fino a 12.500 rand al mese, circa 850 euro. In una nota diffusa oggi, le multinazionali sostengono di non essere in grado di concedere incrementi del genere e ipotizzano nuovi licenziamenti. “Purtroppo – si legge nel comunicato – l’industria va verso una maggiore meccanizzazione e capacità professionali più elevate, indispensabili per consentire maggiori guadagni e produttività; per questo, il numero delle persone impiegate diminuirà”.
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