La Cina sta pagando pesantemente in termini di salute ma anche di economia e di ambiente la corsa sfrenata all’urbanizzazione. L’inquinamento costa già ora al paese fino a 300 miliardi di dollari oltre a centinaia di migliaia di vittime l’anno, e secondo molti è giunto il momento di invertire la tendenza di un modello di urbanizzazione perseguito negli ultimi decenni dalle autorità di Pechino in nome della crescita economica.
Sottolinea un rapporto congiunto sulle modalità dello spostamento della popolazione dalle campagne alla città, compilato della Banca Mondiale e del Centro di ricerca sullo sviluppo del Consiglio di stato (come è chiamato il governo in Cina): “mentre la Cina si prepara alla nuova ondata di urbanizzazione, diventa sempre più imperativo affrontare i nodi ambientali e della gestione delle risorse che tendono a concentrarsi nelle sue metropoli”. Il rapporto suggerisce l’esigenza di una migliore pianificazione e maggiore attenzione alle condizioni di vita dei cinesi incentivati a spostarsi verso le città.
Le conseguenze di un mancato cambio di rotta sarebbero drammatiche sia in termini economici, quantificati da un minimo di 100 a un massimo di 300 miliardi di dollari all’anno, che di carattere medico-sanitario e sociale. Tra i dati riportati dall’ex ministro della Sanità cinese Chen Zhu in un articolo pubblicato dal periodico americano The Lancet, spicca quello dei decessi dovuti a fattori inquinanti, che potrebbero sfiorare, in un prossimo futuro, i 500.000 all’anno.
Aria, terra e acqua sono sottoposti nella maggior parte del paese a una pressione insopportabile da parte della popolazione e delle attività produttive. Al punto che nel discorso inaugurale del 12° Congresso nazionale del popolo (il parlamento cinese) il 5 marzo scorso, il premier Li Keqiang ha citato la protezione ambientale tra le sfide prioritarie dellla Cina e il mese scorso il governo ha approvato un piano d’azione del valore di 330 miliardi di dollari per tutelare le scarse risorse idriche.
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