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Colombia. Le Farc chiedono scusa per la strage di Bojayà

“In questo modo intendiamo raccogliere l’immenso clamore per la pace che si leva dall’intera nazione”: con queste parole, il comandante guerrigliero Jorge Torres Victoria, alias ‘Pablo Catatumbo’, ha posto formalmente le scuse delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) per la strage di Bojayá.

Si tratta della località del dipartimento nordoccidentale di Chocó, con popolazione a maggioranza afrocolombiana e indigena, dove il 2 maggio 2002 un ordigno lanciato dalla guerriglia contro la chiesa di Bellavista causò la morte di 119 persone, in gran parte bambini, che si erano rifugiati nel luogo di culto per sfuggire ai combattimenti fra le Farc e i paramilitari.

“La tragedia è avvenuta per il cambio di traiettoria di un proiettile artigianale diretto verso una postazione militare” ha detto Pablo Catatumbo parlando dall’Avana ad un faccia a faccia con rappresentanti delle vittime del conflitto, sostenendo, ancora una volta, che si trattò di una “disgrazia”. Il capo ribelle ha anche ammesso che chiedere perdono “non restituisce nessuna delle persone che morirono né cancella il dolore” ma ha ribadito l’impegno delle Farc per “azioni di riparazione delle comunità colpite”.

Presa la parola, il rappresentante delle vittime di Bojayá, Leyner Palacios, ha parlato senza mezzi termini di “responsabilità condivisa” fra le Farc “per aver lanciato il proiettile” , i paramilitari “per aver usato la popolazione come scudo umano” e lo Stato “per non aver ascoltato gli allarmi e per la connivenza con le forze paramilitari”.

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