In Lussemburgo gli elettori hanno respinto le tre proposte di riforma presentate in un referendum voluto dal primo ministro Xavier Bettel domenica 7 giugno. Il primo quesito riguardava la concessione del diritto di voto nelle elezioni politiche agli stranieri, a patto che avessero vissuto più di dieci anni nel Granducato e avessero già partecipato a uno scrutinio, municipale o europeo. Il 78 per cento degli elettori ha risposto di no. La seconda domanda proponeva di estendere il diritto di voto a partire dai sedici anni, invece degli attuali diciotto, ed è stata respinta dall’80,9 per cento dei votanti.
La terza domanda riguardava un’eventuale limitazione a un massimo di dieci anni consecutivi del mandato di ogni ministro. Soltanto il trenta per cento degli elettori ha approvato la proposta, percepita come un regolamento di conti tra Bettel e il suo predecessore, Jean-Claude Juncker, al potere per diciannove anni.
I tre partiti della coalizione al governo in Lussemburgo – liberali, socialisti e verdi, appoggiati dalla sinistra radicale – avevano fatto appello agli elettori affinché rispondessero affermativamente ai quesiti presentati nel referendum. Ma evidentemente gli sforzi riformatori di Bettel non sono ancora del tutto graditi a una popolazione che, secondo un recente sondaggio, nel 56 per cento dei casi ritene che i residenti e gli stranieri “non vivono veramente insieme” e che ha accettato con difficoltà alcuni progetti governativi, come l’estensione della legge sull’aborto, il matrimonio per tutti e l’adozione per le coppie omosessuali.
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