“Il terremoto ha spinto circa 982.000 persone sotto la soglia di povertà a causa della perdita delle attività e delle opportunità generatrici di reddito” ha scritto la Commissione di programmazione nazionale del Nepal, nella bozza di studio, Post Disaster Needs Assessment (Pdna). Il rapporto, preparato da oltre 250 esperti nazionali ed internazionali è stato presentato in questi giorni al primo ministro Sushil Koirala, per essere pubblicato e dato in mano al prossimo incontro internazionale per la ricostruzione, programmato per il 25 giugno, con i paesi donatori.
Complessivamente 36, su un totale di 75 distretti in Nepal, sono stati colpiti dal terremoto di magnitudo 7.9 del 25 aprile, seguito da un’altra grave scossa di magnitudo 7.3 del 12 maggio. In particolare, 14 distretti, tra cui tre distretti nella valle di Kathmandu, sono state le regioni più colpite. I distretti devastati dal terremoto, non sono i più poveri del paese. Circa 26,5% della popolazione residente nelle aree rurali colpite dal terremoto è classificato come povero. Questa cifra equivale al tasso di povertà nazionale. Ciò significa che circa un quarto della popolazione, nel 2013, il periodo a cui si riferiscono i dati, viveva con meno di 1,25 dollari al giorno. Ma se la soglia di povertà internazionale di 1,25 dollari al giorno, a quel tempo, fosse stata portata a 2 dollari al giorno, il 57,3% della popolazione sarebbe stato classificato come “povero”. “Ciò significa – è scritto nel rapporto – che per una grande percentuale di famiglie nepalesi basta solo una malattia, una brutto monsone o un disastro naturale per scivolare inevitabilmente nella “povertà”.
Secondo lo studio fatto, è probabile che il terremoto abbia cancellato molti canali di sostentamento, in particolare per quelli con accesso limitato ad altre forme di attività e ai mercati del credito. Inoltre, la necessità di ricostruire le proprie case terrà molti lontano dal mercato del lavoro, con conseguente rallentamento delle attività non agricole. “Le rimesse dei migranti stranieri potrebbero contribuire a mitigare questi impatti a breve termine – dice il rapporto – Ma a questo c’è un limite: la migrazione straniera nei distretti rurali più colpiti dal terremoto è più bassa, in particolare tra le famiglie povere e vulnerabili “.
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