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Delegazione del Pyd curdo a Mosca

Non solo Assad. In questi giorni, a Mosca, c’è anche una delegazione di curdi siriani guidata dal co-presidente del Partito per l’Unione Democratica (Pyd), Asya Abdullah. Per Ankara, nooriamente, il Pyd non è altro che l’ala siriana del Pkk di Ocalan, quindi una formazione “terrorista” da bombardare al posto dell’Isis (non per caso Erdogan aveva impedito l’arrivo di rinforzi curdo-turchi a Kobane, nel giorni della battaglia per la città simbolo della vittoriosa resistenza alle forze del califfato sunnita).

Difficile non vedere in questo viaggio una oggettiva convergenza di obiettivi tra iniziativa russa, consolidamento militare di Assad e riconoscimento dell’autonomia dei curdi, se non altro sul terreno militare, di fatto. Anche le voci sulla possibile apertura di una sede del Pyd a Mosca, che darebbe ai curdi siriani lo status informale di “stato riconosciuto” dai soli russi e alleati, è una bruttissima notizia sia per Erdogan che per gli Stati Uniti, perché scompagina i tentativi di far vivere almento mediaticamente una “coalizione regionale” che combatte l’Isis ma vuol far fuori anche Assad.

Ma la mossa complica anche i rapporti tra Ankara e Washington, che al contrario di Erdogan riconosce un ruolo politico e militare ai curdi (seppure quelli appartenenti a un’altra formazione assistitita dagli Usa – Jasad (Esercito Siriano Democratico) – si cui non è chiara la consistenza e il posizionamento sul terreno. Per Ankara, insomma, non esistono curdi “buoni”.

 

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