Da dopo l’intervento russo in Ucraina del 24 febbraio 2022 i libri su questo conflitto sono spuntati come funghi, mentre negli otto anni di guerra precedenti è stato un tema di nicchia.
A prescindere dal fatto che la maggior parte di questi nuovi libri sono mere operazioni commerciali, con autori che cercano d’intercettare l’interesse del pubblico senza avere alcuna cognizione di causa che possa dare un senso alla pubblicazione, cioè almeno a giustificare l’abbattimento degli alberi necessari a produrre la carta su cui stamparlo.
Il problema è tuttavia un altro, il fatto che anche autori esperti e preparati facciano delle analisi frettolose. Ciò è dovuto al fatto che spesso sotto la pressione degli editori si possa essere portati a tracciare un quadro d’insieme che nel migliore dei casi diventa approssimativo.
Per descrivere certi fenomeni c’è bisogno di tempo per approfondire, elaborare ed esplorare le differenti prospettive. Per poter analizzare la complessità serve un approccio elastico e multidisciplinare, sono necessari riscontri incrociati, le idee devono maturare, etc. Un qualcosa di molto difficile da fare, ma soprattutto che richiede tempo per l’analisi e la sintesi. Per questo – in una fase di così rapida e mastodontica trasformazione – gli instant book usciti poco dopo l’intervento russo che approccino la questione nel suo complesso, di norma lasciano il tempo che trovano.
Se deve essere una pubblicazione fatta immediatamente a ridosso degli eventi, allora molto meglio che sia un testo che riguardi un singolo argomento specifico e non la complessità della questione, in questo modo ci sono migliori presupposti per riuscire a fare un’analisi puntuale e approfondita.
Questo è avvenuto a luglio 2022 quando – dopo cinque mesi dall’intervento russo – lo storico americano Benjamin Abelow ha pubblicato un breve libro “How the West brought war to Ukraine” che ha avuto immediatamente un grande successo.
Questo libro è stato tradotto in italiano dalla Fazi Editore – arricchito da una prefazione di Luciano Canfora – uscendo con il titolo “Come l’occidente ha provocato la guerra in Ucraina”.
Con le sue poche decine di pagine il libro non pretende di descrivere un fenomeno così vasto e articolato come la trasformazione epocale di questi ultimi tempi (di cui la guerra in Ucraina è un effetto e non la causa), guarda solo ad un aspetto e lo fa in modo molto chiaro e diretto, la genesi dell’intervento russo. Cioè, come gli USA abbiano teso una trappola alla Russia da cui Mosca poteva uscire solo con la resa o con la guerra.
Abelow giustamente individua nell’espansionismo della NATO e in particolar modo sul ruolo dei missili nucleari, il motivo centrale dell’escalation. Non cede, come va tanto di moda ora, a letture geopolitiche più ampie che seppur corrette non possono assolutamente giustificare un precipitare, così rapido e risoluto, degli eventi.
Nel libro sono assenti pure gli altri conflitti in corso: quello ideologico, quello economico, quello religioso, quello etnico, etc.
Abelow guarda solo ad un aspetto specifico partendo dal principio di reciprocità, cioè analizzando i fatti anche con il punto di vista della controparte. In questo modo Abelow disarticola la narrazione dominante in occidente e lo fa perché, “scopo principale di questo libro […] è di rettificare una narrazione falsa, e per questa ragione molto concreta: perché le false narrazioni portano ad esiti molto negativi“.
Sulla base di una percezione falsata degli eventi e delle responsabilità, ci stanno trascinando nel baratro di una guerra che potrebbe degenerare in uno scontro nucleare. Il modo migliore per evitarla è di spezzare la catena di bugie che hanno generato una follia bellicista diffusa.
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Giallo
peccato che non c’è più Giulietto Chiesa, che aveva largamente previsto tutto ciò.