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Un giudice mette in mora i diktat del ministro Brunetta

Decurtare lo stipendio per i giorni di malattia è incostituzionale.

Con la legge Brunetta ammalarsi è diventato «un lusso che il
lavoratore non potrà più permettersi». E ciò contrasta «con
l’articolo 36 della Costituzione che prevede che sia garantita una
retribuzione proporzionata e in ogni caso sufficiente a garantire
un’esistenza libera e dignitosa». Con questa motivazione il giudice del
lavoro di Livorno, Jacqueline Monica Magi, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 71 della legge 133/2008, che
prevede per i dipendenti pubblici una decurtazione dello stipendio per i
primi 10 giorni di malattia.
L’ordinanza è del 5 agosto ma è stata resa nota ieri da Unicobas della
Toscana che assiste 50 tra docenti e lavoratori Ata della provincia di
Livorno, alcuni dei quali avevano avuto una riduzione della busta paga dopo
periodi di malattia. I lavoratori hanno presentato un ricorso al tribunale,
sollevando l’eccezione di costituzionalità, che il giudice ha accolto.
Secondo il giudice, la legge Brunetta viola più norme costituzionali: il
principio di uguaglianza (art. 3) creando una «illegittima disparità» tra
lavoratori pubblici e privati, l’articolo 32, comprimendo il diritto alla
salute, l’articolo 36 per via della decurtazione del guadagno, «tale da
non garantire al lavoratore una vita dignitosa» e l’articolo 38 facendo
«venire meno i mezzi di mantenimento e assistenza al cittadino in quel
momento inabile al lavoro».
«Il rischio di un abbassamento della tutela della salute dei lavoratori
esiste» commenta Giacomo Milillo, segretario dei Medici di Medicina
Generale. Dal ministero della Pubblica Amministrazione fanno invece sapere
che la norma contestata «esiste anche in altri contratti collettivi».

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