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Pensioni. La fuga dal pubblico impiego

Stipendi bloccati, stop al turnover con condizioni di lavoro più pesanti, rateizzazione della liquidazione e timori per un nuovo giro di vite sulla pubblica amministrazione stanno convincendo i lavoratori pubblici a uscire dal lavoro prima possibile: nonostante l’aumento dell’età di vecchiaia per le donne (da 60 a 61 anni), l’inasprimento dei requisiti per la pensione di anzianità e la cosiddetta finestra mobile scattati nel 2011 che avrebbero potuto far pensare a un calo delle pensioni nella pubblica amministrazione le uscite sono aumentate.

Nei primi 9 mesi dell’anno, secondo dati Inpdap, sono state erogate nel complesso 75.473 nuove pensioni con un aumento del 5,27% rispetto allo stesso periodo del 2010. Il dato ha risentito del vero e proprio boom delle pensioni di anzianità (da 39.477 a 52.973 con un +34,2%) Sulle pensioni anticipate rispetto all’età di vecchiaia si registrano quindi dati in controtendenza rispetto al settore privato (nei primi 8 mesi le anzianità Inps sono diminuite del 15,4%) e ciò è possibile grazie alla differente tipologia di lavoro e di prospettive.

Nel pubblico finora la tendenza è stata quella di restare al lavoro fino al raggiungimento dei 40 anni di contributi o dell’età per la vecchiaia mentre nel privato si tende a uscire appena raggiunti i requisiti minimi per l’anzianità (e spesso è l’azienda stessa a spingere fuori il lavoratore appena possibile). Mediamente, infatti, secondo l’Inpdap il dipendente pubblico si colloca a riposo con oltre 61 anni di età e 38 di contributi Una parte consistente delle pensioni di anzianità (24.000 nei primi 9 mesi 2011 a fronte di 25,345 dell’intero 2010) sono uscite dal lavoro con 40 anni di contributi (dal 2009 l’amministrazione può risolvere unilateralmente questi contratti) ma le altre 28.000 uscite anticipate sono frutto della libera scelta di lasciare l’amministrazione pur potendo restare al lavoro.

Le uscite «obbligatorie» come quelle per vecchiaia nel 2011 sono diminuite grazie all’aumento dell’età delle donne da 60 a 61 anni e all’introduzione della finestra mobile passando da 15.824 a 14.941 (-5,91%). Sono diminuite anche le pensioni di inabilità (da 4.394 a 3.808 con un -15,39%) ma soprattutto sono crollate le anzianità con trasformazione in part time (da da 12.258 a 4.021 con un -204%). «Chi può scappa dalla pubblica amministrazione», dice il responsabile dei lavoratori pubblici della Cgil, Michele Gentile. «Le misure decise dal Governo sul pubblico impiego, blocco dei contratti, rateizzazione del Tfr e taglio alle retribuzioni dei dirigenti – ha spiegato – fanno sì che chi ha la possibilità di andarsene se ne vada. Finora – ha aggiunto – non era stato così. La maggior parte dei lavoratori pubblici, pur avendo i requisiti per la pensione di anzianità restava fino al raggiungimento dei 40 anni di contributi o fino all’età prevista per la vecchiaia».

«I conti dell’Istituto – ha detto il presidente Paolo Crescimbeni – nonostante la crescente diminuzione del numero degli iscritti e l’aumento dei pensionamenti si mantengono in equilibrio, anche in virtù della minore spesa di 710 milioni circa per il Tfr prevista nel bilancio 2011» (la rateizzazione prevista dalla manovra 2010, ndr).

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