Nel periodo 2001-2010 i provvedimenti di sfratto emessi per morosità in Italia sono più che raddoppiati. Se nel 2001 il loro numero aveva sfiorato le 27.000 unità (precisamente 26.937), nel 2010 hanno superato quota 56.000 (esattamente 56.147), registrando, in questo periodo di tempo, un incremento del +108,4%. L’allarme sulle difficoltà economiche che stanno vivendo le famiglie dello Stivale è lanciato dalla Cgia di Mestre. Nel Lazio, nel 2010, i provvedimenti di sfratto emessi per morosità (immobili ad uso abitativo) sono stati 5.796, ovvero +55,7% rispetto al 2001. A livello regionale, l’incremento più deciso avvenuto nel decennio 2001-2010 è stato registrato nelle Marche (+316,3%), a seguire la Lombardia (+249,1%) e la Calabria (+203,3%). Infine, se si considera il numero di sfratti registrato nel 2010 ogni mille famiglie in affitto, le realtà più interessate da questo fenomeno sono state l’Emilia Romagna (22,7), seguite dalla Toscana (17,1) e dall’Umbria (16,5). In termini di numeri, nel 2010, il Lazio, con i suoi 5.796 provvedimenti di sfratto, è la terza regione italiana: la precedono la Lombardia con 12.511 e l’Emilia Romagna con 6.566. L’analisi, a livello nazionale, è impietosa: nonostante una leggera riduzione del numero di famiglie in possesso di un contratto di affitto – tra il 2001 ed il 2009 la diminuzione è stata del 2,9% – la crescita degli sfratti per morosità, come si è segnalato più sopra, ha subito una impennata fortissima. Alla fine del 2009 (ultimo dato disponibile) il numero di nuclei familiari che viveva in un’abitazione in affitto era di circa 4.215.000, pari al 17,1% del totale delle famiglie italiane. In termini assoluti, la macro area che presenta il numero più elevato di nuclei in affitto è il Mezzogiorno, con 1.424.085 unità. «Rispetto ad un tempo – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – sono mutate anche le tipologie familiari colpite dallo sfratto per morosità. Se fino a qualche anno fa le più interessate erano quelle guidate da lavoratori dipendenti, da pensionati o da persone che erano state espulse dal mercato del lavoro, negli ultimi anni, invece, hanno assunto dimensioni numeriche sempre più preoccupanti anche quelle composte da immigrati, da famiglie con a capo un artigiano, un piccolo commerciante o da giovani titolari di partita Iva che, con l’aggravarsi della crisi, sono scivolate in condizioni di marginalità economica».
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa