Diminuiscono le speranze sia sulla trattativa cino americana che per la cordata di imprenditori italiani
FLUMERI (Avellino) – E’ una storia ancora tutta da scrivere, quella dell’Irisbus di valle Ufita. Che gli operai dello stabilimento di Flumeri non considerano affatto conclusa.
«Lotteremo con tutte le nostre forze e con la consapevolezza – dicono davanti ai cancelli, all’entrata del turno di mattina – che fino alla fine dell’anno qualcosa può ancora accadere».
Scende di uno scalino, almeno così sembra, l’ipotesi legata alla grande multinanzionale di Dongfeng, Oriente più lontano. I metalmeccanici dello stabilimento di Flumeri, adesso, hanno spostato il presidio: dopo i quattro mesi trascorsi davanti ai cancelli, sarà Grottaminarda il luogo delle prossime mosse. Sarà aperto, infatti, nei prossimi giorni un comitato di quelli di Resistenza Operaia con lo scopo, tra gli altri, «di far aprire un tavolo al presidente della Provincia – ha detto Peppino Di Iorio in un incontro sabato mattina, nella cittadina ufitana – per la trasparenza sugli incontri tra Fiat Industrial e chi intende subentrargli». Le voci delle ultime ore in merito ad una poco chiara azione dell’Amsia Motors Limited, infatti, è il tema del giorno e la discussione, tra gli operai, diventa ancora più serrata. Forse anche perché, i cinesi, fino a pochi giorni fa costituivano l’ipotesi più credibile. Per questo «gli irriducili» chiedono più verità su quello che sta accadendo. «Sulla nostra pelle stanno giocando – dicono – ed ora è tempo di dire basta».
Certamente è una situazione abbastanza strana. «A che gioco stanno giocando? – ripetono spesso quando si trovano a discutere tra loro». La Fiat è sempre disposta, sempre che non sia una bufala come ha scritto il Sole 24 Ore, a cedere l’attività ad una concorrente non solo spietata ma, raccontano, otto volte più grande? E la storia della joint venture tra Mustafa e l’italiano Raucci, consigliere in varie società, tra cui l’Eurocem, che negli anni ’90 è stata indagata per camorra? Se anche quella della Breda Menarinibus, che la stessa azienda di Corso Marconi ha dichiarato, praticamente, dismessa diventerà un’altra favola, cosa può succedere? Il segreto, e questo lo pensano in molti, è quello di ritornare al vecchio piano di finanziamento del trasporto pubblico. Il governo italiano, se non dovessero essere rimodulati i pullman nostrani, ne sono 19 mila in tutta Italia, dovrà pagare all’Unione Europea una ammenda di 1 miliardo e 700 milioni di euro. E’ disposto a farlo? Per questo, nei prossimi giorni gli operai di valle Ufita chiederanno un incontro al neo ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera.
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