Questa mattina i giovani di Occupy Pisa sono stati svegliati da un ingente schieramento di polizia e carabinieri, che hanno messo fine a un’occupazione iniziata lo scorso 17 dicembre 2011, al termine di una manifestazione cittadina.
L’azione repressiva contro gli occupanti è continuata durante la mattinata per le strade di Pisa, con manganellate agli sfrattati che tentavano l’occupazione simbolica di Unicredit in Piazza Garibaldi. Il tentativo dei giovani di entrare in questa filiale bancaria non era casuale ma legato a una specifica denuncia sul ruolo giocato da quella banca nello “scandalo” che si cela dietro agli stabili di via la pergola, ora in liquidazione a causa del fallimento della società proprietaria (l’Oliva S.r.l.), “scatola cinese” di una complessa cordata che vede coinvolte altre società, banche e finanzieri tristemente noti per ladrocini, speculazioni e truffe.
In questi giorni circola una specifica denuncia e raccolta firme promossa da Occupy Pisa sull’intrallazzo scoperchiato dalla recente occupazione.
Con la forza di un “ordine” garante esclusivo degli interessi di speculatori e padroni, si tenta di chiudere la bocca a una lotta importante in città, riproponendo a livello locale le logiche della contrapposizione frontale tra i palazzi del potere e i bisogni di larghe fette di popolazione colpite dalla crisi economica, così come sta avvenendo in tante altre città italiane – è di queste ore la notizia del divieto di manifestare a Napoli sotto le finestre della Regione Campania – e in Grecia, dove il governo Papademos ignora completamente la potente mobilitazione popolare contro le micidiali manovre economiche imposte dalla BCE.
Chiediamo l’immediata restituzione dello spazio di Via la pergola a Occupy Pisa e l’apertura di un’inchiesta giudiziaria sullo scandalo finanziario. Gli spazi abbandonati, le case sfitte devono essere messe a disposizione delle realtà socio/culturali e dei bisognosi di casa.
Sollecitiamo tutte le realtà in lotta nella nostra città a unire le forze, per costruire una campagna politica generale contro la gestione autoritaria e poliziesca del territorio, perché si determinino nuovi rapporti di forza favorevoli al nostro blocco sociale di riferimento, formato da lavoratori, precari, studenti, pensionati, immigrati.
Uniti possiamo resistere e creare le condizioni minime per future offensive. Divisi rischiamo di esser spazzati via, uno a uno, da un sistema determinato a farci pagare fino in fondo la sua crisi.
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