«Con l’approvazione dell’intesa sul pubblico impiego da parte della Conferenza delle Regioni si conferma il buon lavoro fatto per trovare un fronte datoriale pubblico unico. Ora sarà possibile applicare la riforma, a partire dal principio del premio selettivo sulla base del merito, a tutte le amministrazioni». Lo dice in un’intervista al Sole 24 Ore il ministro della Pa e della Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, pronto a presentare il testo del disegno di legge in Consiglio dei ministri. «Quando leggeranno il testo – spiega – certi commentatori si ricrederanno. Il percorso che stiamo compiendo va ben oltre l’allineamento con le nuove regole del lavoro privato e punta a estendere la riforma Brunetta. Renderla più agevole e applicabile, dopo tre anni dalla sua introduzione. E avendo chiaro un concetto: non esiste nessun potere di veto da parte dei sindacati». «L’articolo 19 della riforma Brunetta – sottolinea Griffi – quello riferito alle tre fasce di merito, ha attualmente efficacia solo per circa 280 mila dipendenti su 3,3 milioni. Sono esclusi i dipendenti del ministero dell’Economia, delle Agenzie fiscali, della Presidenza del Consiglio dei ministri, i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca e tutti i dipendenti del settore scuola. Per queste categorie, che ammontano a circa 1,2 milioni di addetti, è previsto un adeguamento ai principi dell’articolo 19 mediante decreti».
Fin qui l’Ansa. Solo una cieco-sordo può non vedere che “nessun potere di veto da parte dei sindacati” significa – dentro la normale dialettica contrattuale tra parti diverse – che la “parte del lavoro” (ovvero il sindacato, sotto ogni sigla) non deve avere più nessun peso sulle scelte “datoriali”.
E solo sindacalisti venduti o dal cervello vuoto possono dire che questo punto d’approdo sia una “difesa vincente” dei diritti dei lavoratori o del ruolo del sindacato.
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