Egregio Direttore,
spero di poter approfittare della Sua cortesia per una breve riflessione sui test Invalsi che si sono svolti il 16 maggio scorso presso l’Istituto Superiore Denina di Saluzzo, dove insegno Lettere e Storia, nonostante il parere contrario espresso legittimamente e sovranamente, a suo tempo, dal Collegio dei Docenti. Non mi soffermo sull’inconsistenza didattica di detti test, troppo nota agli addetti ai lavori per essere evocata in questa sede; mi preme, piuttosto, richiamare l’attenzione sull’elemento discriminatorio in essi implicito in quanto dalla valutazione finale vengono escluse le prove sostenute dai diversamente abili (compresi i dsa) e dagli immigrati di recentissima acquisizione: tutto questo mentre la scuola italiana trasuda una sfrontata retorica dell’integrazione. Sarà un caso, ma simili quiz vennero somministrati agli allievi italiani nel 1929 in pieno regime fascista e l’analogia non può che inquietare. Un’ultima notazione circa i costi dell’operazione Invalsi: circa otto milioni di euro (per quello che se ne può sapere) mentre gli stipendi degli insegnanti sono bloccati e negli istituti scolastici scarseggia persino la carta igienica! La posta in gioco è molto alta: introdurre, attraverso i quiz, una falsa gerarchia nella scuola per coprire i prossimi tagli di “esuberi” con il conseguente e necessario peggioramento della didattica, ad evidente discapito degli alunni. Spetta ad insegnanti, genitori ed allievi farsi carico, nella loro qualità di cittadini, di un nuovo imperativo categorico che si esprima nel netto rifiuto di collaborare con quanti perseguono la devastazione della scuola pubblica.
Distinti saluti
Bruno Bonansea
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